martedì 27 giugno 2017

Sui risultati delle amministrative

Mi sembra che in questa tornata elettorale si sia ottenuto il massimo possibile: il PD e Renzi sono più deboli (e questa era la cosa fondamentale) senza che per questo la destra si sia realmente rafforzata, mentre ai grillini è stato segnalato in maniera chiara e forte che non possono pretendere di essere votati all'infinito sulla fiducia. Più di questo non si poteva realisticamente chiedere.

Aggiungo una riflessione di Lenoardo Mazzei, condivisibile nella sostanza (anche se personalmente non credo vi siano spazi effettivi per una forza politica alternativa)


http://sollevazione.blogspot.it/2017/06/non-restare-con-le-mani-in-mano-di.html

venerdì 23 giugno 2017

L'invasione giornalistica della scuola (P.Di Remigio)

(Riceviamo e volentieri pubblichiamo. M.B.)

Qualche effetto dell’invasione giornalistica della scuola pubblica italiana
Paolo Di Remigio


Il lamento che in Italia si leggono poco i giornali trascura che i loro articoli sono una merce tra le altre e che la scarsa domanda può essere indice di cattiva qualità dell’offerta. In effetti gli articoli dovrebbero dare notizie, in realtà si sforzano di diffondere ideologia, quella che protegge gli interessi degli editori. Per questa pesante ipoteca da cui essi sono gravati, la diffusione dei giornali a scuola è sempre da respingere. La scuola infatti non insegna notizie, ma teorie o, nel peggiore dei casi, nozioni: le notizie assumono significato solo nei contesti teorici e devono senz’altro essere risparmiate a chi non li ha ancora acquisiti. C’è ancora un motivo di profilassi: mentre le notizie, come strumenti di campagne ideologiche, suscitano passioni e contrasti, le teorie sono conoscenze oggettive e universali, valide dunque per tutti, in grado di interrogare la ragione e di unire.
Nondimeno, nell’attuale esame di Stato il giornale si è insinuato attraverso due brecce: gli alunni possono redigere i loro elaborati anche in forma giornalistica; inoltre i temi proposti dal MIUR sono corredati da brani tratti per lo più da pagine di quotidiani, anziché da testi qualificati sotto il profilo scientifico ed estetico.
Nell’esame di Stato di quest’anno alcuni dei versi più toccanti della letteratura italiana (‘I limoni’ di Montale) sono soffocati da una spiacevole masnada di brani tratti di preferenza dal ‘Sole 24 ore’.
Il primo articolo, del giornale appena menzionato, mette in un riferimento esclusivo disoccupazione e progresso tecnico e dimentica di indicare la soluzione che il contrasto consente. In verità il progresso tecnico è solo una causa di disoccupazione; altra e ben più vigorosa è la libertà di movimento dei capitali e delle persone; entrambe aumentano infatti l’offerta di forza lavoro a parità di domanda. Ma esaltando la libertà di movimento dei capitali e delle persone come pezzo forte dei piaceri della vita, l’ideologia liberale, di cui il decotto ‘Sole 24 ore’ era eroico alfiere, preferisce riservare alla sola tecnologia il ruolo ingrato di calmierare i salari gonfiando l’esercito industriale di riserva. L'escamotaggio ha un primo vantaggio: fa del dramma della disoccupazione il lato negativo della marcia inarrestabile del progresso, ne fa cioè un destino, anziché l’effetto delle umanissime scelte libero-scambiste; e ha un vantaggio ulteriore: imputare la vera colpa degli squilibri economici, più che al cambiamento tecnologico in sé, alla scuola, inerte su Leopardi e Manzoni, in ritardo dunque sul prestissimo del cambiamento tecnologico; a detta dell’articolo, infatti, la disoccupazione tecnica si risolverebbe «ridisegnando i sistemi educativi in modo da creare le competenze manageriali, ecc.». Visto? Se c’è disoccupazione è per colpa della scuola che non si ridisegna. Come se questo aumento delle competenze manageriali e tecnologiche, dando più energico impulso alla tecnologia, non esasperasse il problema, lungi dal risolverlo. L’ideologia liberale, che l’articolo trasuda da ogni suo grafema, tutta sbilanciata a raccomandare lavoro sodo e austerità a chi non sia banchiere o grande azionista, non riesce a concepire che la progressiva diminuzione della giornata lavorativa a parità di salario è il naturale prodotto della progressiva sostituzione del lavoro umano con le macchine.
Il secondo e al terzo articolo, tratti il primo da Carcom.it, il secondo da Panorama, raccontano entrambi di sondaggi di opinioni. E già si potrebbe obiettare: perché opinioni nella scuola, dove, come già osservato, non si tratta di eccitare la curiosità spicciola o di pianificare campagne pubblicitarie, ma di costruire competenze? Perché? Difficile la risposta. Forse non le è estraneo il fatto che il MIUR, vittima di una pedagogia che confonde opinione e teoria, considera equivalente un sondaggio, con i suoi ‘Io penso che …’, a uno studio, con i suoi dati e la sua bibliografia. Gli ‘Io penso che …’ dei due sondaggi danno poi risultati non solo controintuitivi, ma anche così in contrasto da tradire la loro irrilevanza: che digitalizzazione e automazione abbiano effetti negativi sull'occupazione, lo pensano soltanto il 17% degli opinanti del primo articolo e il 48% degli opinanti del secondo articolo. Forse sarebbe stato meglio che entrambi i gruppi di opinanti, soprattutto il primo, si fossero tenuti per sé le loro liberissime opinioni; di certo sarebbe stato opportuno che il MIUR avesse evitato questi materiali miserrimi.
Viene poi un pezzo da «Repubblica», una comparazione del tutto improbabile tra la distruzione crudele, vandalica e militarmente insensata della gloriosa abbazia di Montecassino e le distruzioni causate dal sisma in centro Italia. Il filo che dovrebbe tenere insieme eventi tanto diversi, la celerità della ricostruzione, è proprio quello che, come constata proprio oggi lo stesso giornale, manca: mentre l’abbazia fu ricostruita in pochi anni (ma che pena visitarla: sembra la sua copia per Gardaland!), la ricostruzione delle zone terremotate si scontra con i vincoli di bilancio della UE ed è impantanata in una scandalosa inerzia.
Il pezzo successivo, in un italiano zoppicante, dal ‘Sole 24 ore’, contiene una frase ad effetto che solo un giornalista potrebbe scrivere: l’alluvione di Firenze insegna «come nulla sia veramente perso se si ha la forza e la fede di non lamentarsi e di rimettersi a lavorare da capo» – un amaro scherno per chi ha avuto la vita schiantata da cataclismi.
Si passa poi a uno smagliante climax informatico: a partire da un brano tratto dal sito web dell'INDIRE, una raccolta di luoghi comuni sulle virtù didattiche della robotica, ignorante il dato che la distruzione della scuola italiana va di pari passo con la sua informatizzazione, – attraverso un brano al limite del feticismo, tratto dal sito web della ‘Sant’Anna’ di Pisa, che parla di robot costruiti con materiali morbidi e deformabili, – si finisce nell'estasi del ‘Sole 24 ore’ davanti alla legge sulla responsabilità civile delle macchine considerate come ‘persone elettroniche’. Sembra di capire che l’acquisita morbidezza e deformabilità possa indurre le macchine a delitti sessuali di cui dovranno rispondere davanti al giudice. Forse un esperto giurista potrebbe ricavare qualcosa di sensato da questo pateracchio – non certo dei poveri candidati di un esame di Stato.
L’ultimo brano è dal ‘Corriere della sera’. Il tono, che in precedenza aveva preso tratti abnormi, qui diventa pretenzioso. Si parla di progresso. Ce ne sono due: uno tecnico-scientifico, che sarebbe esterno, collettivo, culturale e veloce, e uno morale e civile, che sarebbe interno, individuale, biologico e lento o lentissimo. La distinzione è del tutto incomprensibile: il progresso morale e civile – ammesso che si dia qualcosa del genere – è non meno esterno (mos, da cui morale, è costume, civis, da cui civile, è cittadino), collettivo (civis è da civitas) e culturale (a meno che non ci si voglia far portavoce del razzismo) del tecnico-scientifico. Da tanto rovinosa caduta il brano non si risolleva più.
Questo è ciò che accade nella scuola italiana da quando si è distrutto l’argine che tratteneva nel suo letto il fiume torbido dell'opinione: il terreno della scienza è sommerso dalla chiacchiera giornalistica e il lavoro didattico diventa sempre più disperato.

lunedì 19 giugno 2017

Sul voto francese

Un analisi del voto francese (e non solo) dal blog "Militant". Lucidi come sempre. Peccato siano comunisti.

http://www.militant-blog.org/?p=14485

Da parte mia, aggiungo solo un commento. Le elezioni francesi almeno un aspetto positivo ce l'hanno: dovrebbero aiutarci a estirpare definitivamente ogni residuo autorazzismo. Una stupidaggine come questa, di dare tutto il potere a un Macron, gli italiani non l'hanno ancora fatta.


venerdì 16 giugno 2017

Di Remigio su Wittgenstein, logica, nichilismo

(Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento di Paolo Di Remigio. M.B.)


Wittgenstein, logica, nichilismo 

Paolo Di Remigio

Benché appaia come un discorso sulla logica e sul linguaggio, il pensiero di Wittgenstein è profondamente nichilista. Il suo presupposto culturale è la logica-matematica sviluppatasi nel corso del 1800, che sostituisce il linguaggio naturale con un sistema di segni convenzionali, al fine di rendere inequivoche le dimostrazioni matematiche. La matematica ne ebbe bisogno da quando, con il sorgere delle geometrie non-euclidee, l'esperienza non le offriva più un riscontro percettivo; ma la verità consiste proprio in questo riscontro: la crisi della verità matematica provocò una reazione nel senso del rafforzamento della certezza. Nella scienza, infatti, non conta soltanto la verità; non meno importante è la necessità, la dimostrazione con cui si ottiene la certezza. Insomma l'importanza del rigore nelle dimostrazioni, che nei secoli moderni precedenti l'Ottocento ero stato piuttosto trascurato, fu riscoperta con la crisi della verità e questa riscoperta incoraggiò la costruzione di linguaggi artificiali che evitassero le ambiguità dei linguaggi naturali. Con questi sistemi di simboli artificiali si andò a rigorizzare la matematica, ossia a dedurne tutti i teoremi da pochi assiomi, quello che aveva già fatto Euclide nel III secolo a. C. con la matematica greca - con una differenza peggiorativa, però: gli assiomi da cui dipende la matematica moderna non hanno immediata verità, non hanno un'evidenza percettiva come lo spazio, il punto, la retta, hanno con la verità un rapporto soltanto problematico; di per sé rappresentano soltanto le ipotesi necessarie alla validità dei teoremi accettati.
La logica-matematica esaspera dunque il carattere formale della logica classica. Come la logica classica, assume contenuti non logici (di solito indicati con lettere) e si limita a esaminare i movimenti che essi assumono nelle operazioni loro esterne, che per questa esteriorità sono formali. Nella logica-matematica, cui Wittgenstein fa riferimento, i contenuti sono le proposizioni, per lo più indicate con p e q; i loro movimenti sono le operazioni esterne di negazione, congiunzione, disgiunzione, implicazione. Che le proposizioni siano assunte come contenuti non logici, spinge la logica-matematica a una formalità ancora più profonda di quella aristotelica. Questa infatti partiva non dalla proposizione, ma dal termine, e il termine elementare, cioè l'ousia (sostanza) non era affatto concepito come pura identità insondabile, ma come energheia, come attività, come movimento finalistico. Poggiando il formalismo logico, che consiste nell'esteriorità tra contenuto e operazione, su un contenuto che è anche operazione (appunto il movimento finalistico), Aristotele riesce a connettere la logica formale a principi non formali, ontologici, in cui verità e certezza si congiungono in quello che Wittgenstein chiamerebbe 'valore'. Il formalismo matematico cui Wittgenstein fa riferimento non è funzionale a questa congiunzione, è una tecnica per la dimostrazione matematica e non ha spessore filosofico. L'operazione di Wittgenstein consiste nell'attribuire un paradossale spessore filosofico alla logica-matematica; questo equivale a considerare il senza-valore come dotato di valore, ossia equivale a dire che l'unico valore è la mancanza di valore. Il mondo appare quindi come un insieme di fatti privi di valore che il linguaggio può esprimere in infiniti modi equivalenti; qualora nelle operazioni tautologiche, che permettono il passaggio da un modo proposizionale a un altro per mezzo dell'applicazione degli operatori logici, si generasse un valore (Wittgenstein non determina che cosa esso sia, ma noi possiamo farlo sulla scorta della ousia aristotelica: è un fatto che è operazione), allora si è verificato un errore logico e la proposizione ottenuta è assurda. Dunque sono privi di valore il mondo e il linguaggio (la logica) che lo raffigura. Questo di Wittgenstein è però un nichilismo consapevole - ciò lo rende interessante: che il mondo e il linguaggio siano privi di valore non implica che il valore sia in ogni caso un assurdo. Non lo è quando si rifugia nel silenzio. L'ultima tesi del trattato, la 7., 'Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere', ha il significato positivo che come il mondo ha un limite in cui confina nel non mondo, cioè nel valore, così il linguaggio ha un limiti in cui confina con il non linguaggio, ossia nel silenzio; dunque è il silenzio l'espressione del valore.

lunedì 5 giugno 2017

Sovranisti a Genova

Anche a Genova si possono votare i sovranisti:




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ll Fronte Sovranista Italiano è un nuovo partito costituitosi a Giugno 2016. Lo scopo del FSI è riportare al centro dell’ordinamento italiano la Costituzione del 1948, documento ancora oggi attualissimo e prezioso quanto vilipeso e inattuato nella sostanza. La condizione necessaria all’attuazione del nostro programma è la totale rescissione dai Trattati dell’Unione Europea per ritornare ad utilizzare gli strumenti giuridici, economici e sociali che la Costituzione ci ha messo a disposizione. Infatti, un’organizzazione sovranazionale come questa non serve a nessuno: completamente assoggettata all’ideologia mercantilista e al potere del grande capitale finanziario ha come scopo quello di distruggere l’identità degli Stati e i diritti sociali del popolo, acquisiti attraverso le lotte del 1900.
Sovranismo è un neologismo, coniato da noi in Italia, che comprende i concetti di sovranità popolare e giustizia sociale applicati tramite politiche dirigiste da parte dello Stato. A differenza del nazionalismo, che rimanda al primato della propria nazione sulle altre, l’essere e sentirsi sovranisti è proprio di ogni popolo e si fonda sul rispetto, la collaborazione e la non ingerenza negli affari interni degli altri Stati.
Io e alcuni amici del Fronte Sovranista Italiano (FSI) genovese abbiamo deciso di collaborare al progetto civico di Paolo Putti. Progetto che ci ha subito convinto. Perché?
Perché è civico.
Perché è fatto da persone perbene che sono espressione del territorio e non di potentati locali.
Perché è contro le privatizzazioni e per la gestione comunale dei servizi pubblici.
Perché è per la piccola e media impresa italiana e contro le multinazionali.
Perché è per l’Università e la ricerca pubblica.
Perché è contro il gioco d’azzardo.
Perché non si fa spaventare dal cappio del Patto di Stabilità.
E molto altro ancora.
È un progetto nuovo, costruito da persone capaci che provengono dal territorio che coniuga i principi sanciti dalla Costituzione italiana a livello locale.
Un progetto che può sviluppare un percorso virtuoso di amministrazione comunale in contrasto con le solite clientele del partito unico.
Per questo abbiamo aderito.
Ecco i candidati del FSI con la lista civica ChiamamiGenova (qui il programma per la città):
Davide Visigalli come candidato consigliere comunale e candidato consigliere municipale per la Bassa Val Bisagno. Nato a Milano il 18 gennaio 1980. Ricercatore precario in neuroscienze all’Università di Genova e membro del direttivo nazionale del Fronte Sovranista Italiano.






Enrico Molinelli come candidato consigliere municipale per il Centro-Est. Nato a Genova il 12 Ottobre del 1971. Impiegato pubblico presso l’ASL3 genovese. Lavora allo allo sportello anagrafe sanitaria, CUP e centro prelievi. Sostenitore e militante del FSI dal 2016.






Pietro Santoro come candidato consigliere municipale per il Centro-Est. Nato a Genova il 6 Giugno 1967. Agente di commercio di materie prime per l’industria, a contatto stretto con le multinazionali e l’imprenditoria italiana. Sostenitore e militante del FSI dal 2016.






Gian Francesco Giordano come candidato consigliere municipale per il Centro-Est. Nato a Genova il 6 Marzo 1960. Ferroviere. Sostenitore e militante FSI dal 2016.

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sabato 3 giugno 2017

Esaurimento di destra/sinistra

Sembra che la coscienza dell'esaurimento dell'opposizione destra/sinistra si stia diffondendo

http://www.repubblica.it/politica/2017/06/02/news/destra_sinistra_giovani-167028180/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T2

Ovviamente si tratta solo di un sondaggio, che al massimo è un indizio e non una prova.