martedì 29 dicembre 2015

L'eticità dello Stato (P.Di Remigio)

(Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento di Paolo Di Remigio
M.B.)


Dopo la fine del pensiero politico del mondo classico si è disposti a riconoscere all'individuo almeno la possibilità di essere onesto, ma è pregiudizio comune che lo Stato sia essenzialmente un male. Per i cattolici è una costruzione soltanto umana, quindi bisognosa di guida trascendente; per i liberali è una sgradevole necessità; Marx lo concepisce come una ipocrisia; il fascismo, che pure sembrerebbe volerlo esaltare, non accetta il pluralismo, la divisione dei poteri che consente il dominio della legge e impedisce l'esercizio del potere carismatico, e ciò equivale a dire che non ne accetta l’essenza.
La sequenza di queste visioni non è solo storica, ha una base logica. Nel cristianesimo la natura dell’uomo è corrotta dalla colpevolezza originaria che soltanto lo spontaneo gesto salvifico di Dio può espiare; così l'uomo, perduto finché il suo destino è nelle sue mani, è salvo solo se si affida all'istituzione che quel gesto salvifico ha fondato; questo significa, nella sfera politica, che gli uomini sono perduti nell'ambito dello Stato, che non può andare oltre l'attuazione di un diritto punitivo, redenti soltanto nella Chiesa che li immerge nella caritas.
Come il liberalismo che ne ha raccolto l'eredità, l'illuminismo respinge il peccato originale tra gli inganni dei preti: gli uomini sarebbero naturalmente ragionevoli, dunque in grado di conoscere, senza bisogno di guida ecclesiastica, che il loro utile è raggiungibile solo tramite la mediazione sociale, che l'egoismo coincide con la generosità; sarebbero semmai la superstizione diffusa dalla Chiesa e la tirannia esercitata dallo Stato ad accecare gli individui e a impedire il dispiegamento della loro libertà e del progresso di cui essa è portatrice.
Questa convinzione illuminista forma uno dei presupposti più profondi del socialismo. Che tuttavia il socialismo non vi si possa limitare, è avvertibile in Marx. Con le nozioni di alienazione religiosa e alienazione politica Marx fa sua la critica illuminista alla religione e alla politica; ma nel contempo le considera meri sintomi di un'alienazione originaria, l'alienazione economica, superata la quale esse sarebbero dissolte a fortiori. Poiché però l'alienazione economica sorge sul terreno naturale della società civile e dell'egoismo individuale, non su quello consapevole quindi colpevole dello Stato, Marx deve oltrepassare l'illuminismo e recuperare la nozione teologica di peccato originale, deve cioè considerare l'individuo naturale stupido e colpevole. Questa separazione di Marx dall'illuminismo è evidente nella sua nozione di ideologia; essa esprime la stessa invincibile opacità degli uomini su se stessi contenuta nella rappresentazione teologica di peccato originale. Dal momento poi che il male non può essere superato né dall'individuo né dalla ragione, ma dal movimento storico, Marx recupera un secondo motivo teologico: affida a quella che chiama la classe operaia il compito messianico di interrompere il corso della storia, di ribaltare il male del mondo e di realizzare la libertà naturale dell'individuo. Così, mentre nell'illuminismo la libertà naturale è già presente, in Marx è il sogno dell'umanità che la storia, animata dallo sviluppo della forza produttiva, sta per realizzare. Nelle sue diverse varianti il socialismo ha oscillato tra illuminismo e messianismo, tra fede nell'individuo naturale e fede nell'avvento dell'individuo naturale, come si dice di solito: tra riformismo e rivoluzione. Mentre poi il riformismo ha saputo rivalutare il significato dello Stato, le ali rivoluzionarie hanno condiviso con l'illuminismo e la teologia la diffidenza verso lo Stato, anzi l'hanno acuita in disprezzo. Senza questo disprezzo sarebbe incomprensibile l'attuale disponibilità della sinistra a offrire i suoi servizi alla criminalità finanziaria mondializzata in cui l'illuminismo ha conosciuto la sua ultima degenerazione.

venerdì 18 dicembre 2015

Una sintesi chiara

Segnalo uno scritto di Claudio Gnesutta, una sintesi chiara e in larga parte condivisibile. Purtroppo le "conclusioni operative" sono assai deboli.


http://sbilanciamoci.info/europa-ce-una-politica-dopo-la-grecia/



domenica 13 dicembre 2015

Meno male

Salta, per il momento, il soggetto unitario della sinistra (ma quella buona quella giusta quella vera quella democratica non come quell'altra ecc.ecc). Almeno questa ce la siamo risparmiata.


http://ilmanifesto.info/il-vecchietto-partito-dove-lo-metto/

mercoledì 9 dicembre 2015

Questa è carina

Due youtuber olandesi leggono ai passanti brani della Bibbia dicendo che si tratta del Corano:


http://www.leggo.it/NEWS/ESTERI/leggono_versi_corano_passanti_video/notizie/1722312.shtml




La cultura veramente "altra", con la quale l'attuale Occidente non si confronta, è la propria...

martedì 1 dicembre 2015

In pensione a 75 anni?

Pare sia questo il destino degli attuali 35enni (ammesso che abbiano un lavoro, s'intende):


http://www.corriere.it/economia/15_dicembre_01/inps-chi-oggi-ha-35-anni-andra-pensione-70-anni-avra-assegno-piu-basso-25percento-27ed2072-9851-11e5-b53f-3b91fd579b33.shtml


Sono quasi divertenti le righe finali dedicate alle considerazioni dell'OCSE, che da una parte spiega che l'attuale sistema è ancora troppo generoso, ma però si preoccupa del rischio povertà per i giovani. Non so se sia l'OCSE  o il giornalista, ma mi sembra ci sia qui una lieve confusione.
Scherzi a parte, e davvero c'è poco da scherzare, questa è la direzione nella quale stiamo andando, se accettiamo l'attuale organizzazione sociale. In questo come in altri campi il declino della nostra civiltà mi sembra di una evidenza solare.
(M.B.)


Aggiornamento 2-12: il commento di Poletti alle dichiarazioni di Boeri è il vuoto pneumatico:
http://www.repubblica.it/economia/2015/12/02/news/pensioni_poletti_boeri-128635467/?ref=HREC1-5