Noi non ci saremo
ovvero
Un frammento di quel che ho imparato da
Massimo Bontempelli (e Costanzo Preve)
(Marino Badiale)
La filosofia è la ricerca razionale di
un senso dell'esistenza umana. Questa caratterizzazione permette di
distinguere facilmente la filosofia dalla religione e dalla scienza.
La religione fornisce un senso all'umano in un contesto non
razionale, tramite la fede (e il dogma), la scienza è ricerca
razionale applicata ad altri problemi che quelli del senso.
La tradizione filosofica occidentale
ritiene che il senso dell'esistenza emerga da una rete trascendentale
di valori che viene indagata dalla razionalità filosofica. Hegel
conclude la grande stagione dell'idealismo classico sostenendo che
questa rete di significati si è ormai compiutamente dispiegata nella
storia umana, per cui è possibile esprimerla senza timore che la
storia successiva introduca nuovi significati ontologici. Se davvero esiste in Hegel la tesi sulla "fine della storia", è questo
il suo senso: non fine delle
vicende umane, ma fine del disvelamento di nuovi fondamentali
significati ontologici.
L'ultimo importante anello di questa
catena è il valore della libertà individuale, che si dispiega nel
mondo occidentale a partire dalla rivoluzione politica in Francia e
dalla rivoluzione economica in Inghilterra. Il problema di fondo
dell'idealismo classico tedesco è quello di inserire questo nuovo
fondamentale valore in una cornice che ne salvi la verità
controllando le potenzialità nichilistiche in esso presenti. In un
certo senso, si tratta di conciliare davvero, in modo non
superficiale, la liberté con l'egalité e la fraternité.
L'idealismo fallisce in questo compito a causa della sua natura di
movimento intellettuale e “professorale”, incapace di azione
politica. Si tratta di quelle caratteristiche della cultura tedesca
aspramente criticate da Marx ed Engels nella loro produzione degli
anni '40. Questo fallimento dell'idealismo classico tedesco fa sì
che il suo sforzo intellettuale risulti incompreso, perfino nei suoi
dati linguistici elementari, a partire dalla metà dell'Ottocento:
come mi faceva notare Preve in una conversazione, è davvero
difficile comprendere oggi un libro come la “Scienza della Logica”
di Hegel se bisogna cominciare col capire che né “Scienza” né
“Logica” significano, nel titolo di quel libro, quel che
significano comunemente oggi.
Questo grande sforzo intellettuale
viene ripreso dal marxismo, che rappresenta, nei suoi momenti
migliori, proprio il tentativo di dare concretezza politica al
progetto di inserire la nuova dimensione della libertà individuale
in una organizzazione sociale incardinata su giustizia e solidarietà.
E' questo, io credo, il senso della nota frase di Engels sul
movimento operaio tedesco "erede della filosofia classica tedesca".
Per afferrare il senso di questo
tentativo, bisogna ovviamente distinguere fra il valore della libertà
individuale e la sua concreta realizzazione mediata dall'estensione
universale del modo di produzione capitalistico. Distinzione
delicata, naturalmente, proprio perché è la forza data dallo
sviluppo economico portato dal nuovo modo di produzione, ad aver reso
irresistibile l'ascesa dell'individualità moderna. Ma è proprio qui
che si gioca la differenza fra il marxismo migliore e tante altre
forme di critica anticapitalistica (di destra e di sinistra: compreso
il marxismo peggiore) che identificano in sostanza libertà
individuale moderna e capitale, rifiutando entrambi e finendo per
proporre, in un modo o nell'altro, forme di repressione degli
individui, magari con improbabili ritorni a improbabili comunità idilliche
premoderne.
Il problema cui ci troviamo di fronte,
ormai da decenni, è che anche il tentativo marxista è fallito, e
che le potenzialità nichilistiche implicite nell'unione di una
libertà individuale senza solidarietà e giustizia, e di un
meccanismo di autoriproduzione del capitale che lo spinge alla
continua invasione di nuovi ambiti della vita sociale e naturale,
queste potenzialità nichilistiche si stanno ormai dispiegando senza
più nessun freno e nessuna opposizione. Così, mentre da una parte
il modo capitalistico di produzione sta ormai dissolvendo i legami
sociali e alterando gli ecosistemi in modi incontrollabili,
dall'altra l'individualità privata dei suoi legami con le idee
trascendentali di giustizia e verità non può che adattarsi ad una
realtà sociale, naturale e psicologica sempre più degradata.
L'evidente mancanza di una forza
sociale, culturale e politica capace di porsi all'altezza di questi
problemi, la pochezza intellettuale e politica del mondo
“antisistemico”, la miseria di un mondo accademico nella sostanza
asservito ai ceti dominanti, la totale incapacità dei ceti dominati
anche solo di capire quali siano i propri interessi, tutto questo
rende facile pronosticare che le attuali tendenze proseguiranno
indisturbate la loro opera distruttrice, e che solo alla fine di un
periodo buio di declino di civiltà si potranno forse scorgere
barlumi di una nuova forma di organizzazione dell'esistenza umana. Ma
noi non ci saremo, si cantava tanti anni fa.