Visualizzazione post con etichetta Buona scuola. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Buona scuola. Mostra tutti i post

sabato 30 settembre 2017

La tristezza della scuola pubblica

(Riceviamo da Paolo di Remigio e volentieri pubblichiamo questo articolo, che appare anche su "Appello al Popolo". M.B.)



La tristezza della scuola pubblica
Paolo Di Remigio

La scuola pubblica continua a subire lo smantellamento avviato dall’alto sotto il vessillo dell’innovazione didattica. Che questa innovazione copra un piano distruttivo programmato a freddo è implicito nel fatto che la si intende come fine assoluto: nella scuola pubblica attuale non si innova per migliorare, si innova per innovare; dunque l’innovazione la peggiora; e questo peggioramento non è una conseguenza imprevista, ma parte dello sforzo neoliberale di distruzione del settore pubblico.
La persona normale, abituata alla docilità e che preferisce fare da sola anziché dare ordini, non concepisce che esista un’élite abituata a comandare e preoccupata di conservarsi al comando. Questa preoccupazione è però la chiave per comprendere ciò che accade nel mondo e che infine si riflette anche nella scuola: l’impero anglosassone annaspa sotto il peso di un’economia allo sfacelo e delle conseguenze di una geopolitica delirante; i suoi movimenti scomposti con cui si sforza di non essere risucchiata nelle retrovie della storia suscitano inaridimento culturale, miseria materiale, migrazioni, guerre, mentre il suo apparato propagandistico – non solo i media: tutto l’attuale ceto politico europeo è ridotto a questo ruolo – è mobilitato per imprimere nella mente di tutti che la guerra è attuazione di democrazia, la migrazione esercizio di diritti, la miseria materiale è razionalità economica, l’inaridimento culturale creatività.

sabato 21 maggio 2016

Sulla buona scuola, Keynes e altro

Lo so che è un po' ridicolo segnalare i post di Bagnai ai lettori di questo blog, ma a volte bisogna rendere un omaggio, anche pleonastico, alla perfezione:


http://goofynomics.blogspot.it/2016/05/il-referendum-lo-scuorum-e-la-guerra.html



venerdì 27 novembre 2015

Valutazioni

Riceviamo da Paolo Di Remigio, e volentieri pubblichiamo
(M.B.)




Comitato di Valutazione
(P. Di Remigio)


In questi giorni si riuniscono in ogni Istituto scolastico i Collegi dei docenti per eleggere i loro due rappresentanti al Comitato di Valutazione, cui la legge 107/2015, quella cosiddetta della “Buona scuola”, assegna il compito di stabilire i criteri per valutare non più soltanto l’anno di prova degli insegnanti neo assunti, ma anche la didattica degli insegnanti già in ruolo, così da assegnare un bonus ai più meritevoli. È evidente che nel valutare i meritevoli il Comitato determinerà anche che cosa sia il merito dei docenti, dunque indirizzerà la didattica della Scuola Pubblica.


Ci sono due modi di valutare un lavoro: considerandone le procedure di attuazione e considerandone i risultati. È evidente che la valutazione del risultato è quella veramente decisiva: nessuno lavora per lavorare, tutti lavorano per ottenere qualcosa. Nel caso della scuola, alla società, alla famiglia non interessa tanto il come della didattica, quanto se gli alunni raggiungono le conoscenze e le competenze necessarie alla vita e al lavoro. La valutazione di un lavoro secondo le procedure può avere la sua utilità solo quando si voglia evitare il pericolo di sottoutilizzare i mezzi o abusarne; è però opportuno ricordare che è possibile ricorrere alle procedure più complesse e innovative, senza ottenere risultati. Proprio questo, anzi, è quanto la scuola sta sperimentando da molti anni. La legge 107/2015 rafforza questa tendenza. Il comma 129 stabilisce infatti che il lavoro degli insegnanti sia valutato in base ai risultati e in base al processo; ma trascura di apprestare gli strumenti per la valutazione dei risultati, lasciando il compito alla semplice fantasia dei Comitati di valutazione. Questi hanno quindi a disposizione solo gli strumenti già esistenti. Gli strumenti di valutazione dei risultati didattici già esistenti sono le prove INVALSI e l’indagine Eduscopio della Fondazione Agnelli. Entrambi forniscono dati del tutto insufficienti alla formulazione di criteri di valutazione della didattica dei singoli insegnanti: le prove INVALSI riguardano infatti soltanto due discipline, matematica e italiano, alla fine delle scuole medie e dopo il biennio superiore, trascurano dunque i risultati della maggior parte dei docenti; l’indagine Eduscopio dà una valutazione del risultato didattico del Consiglio di classe nel suo complesso ed è del tutto inutilizzabile per determinare la consistenza dell’apporto dei singoli insegnanti. Il Comitato di valutazione non può determinare criteri sulla base dei risultati della didattica; sarebbe dunque costretto a determinarli sulla base del processo. Così si espone però a un doppio pericolo. Non solo a quello già accennato, di indirizzare la didattica verso la procedura, trascurando il risultato, e questo porterebbe in breve alla distruzione definitiva della Scuola Pubblica; ma anche a una palese violazione della Costituzione. All’art. 33 questa stabilisce che «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento», ossia, purché insegni l’arte e la scienza entro le norme generali dettate dalla Repubblica, l’insegnante è libero, cioè la scelta e l’attuazione delle procedure didattiche sono sua competenza. La valutazione delle procedure didattiche è dunque, oltre che tecnicamente pericolosa, contraria alla Costituzione. L’imbarazzo e il disorientamento dei legislatori, che dopo aver imposto con una fretta inspiegabile la valutazione del merito didattico alle scuole, rinunciano a determinarne gli strumenti e scaricano sui Comitati di valutazione l’onere di farlo, è evidente nello stesso testo della legge. Il comma 130 stabilisce infatti: «Al termine del triennio 2016-2018, gli uffici scolastici regionali inviano al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca una relazione sui criteri adottati dalle istituzioni scolastiche per il riconoscimento del merito dei docenti … Sulla base delle relazioni ricevute, un apposito Comitato tecnico scientifico nominato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca … predispone le linee guida per la valutazione del merito dei docenti a livello nazionale». Forse non è inutile osservare che per predisporre le linee guida occorre elaborarle prima che siano applicate, e non dopo, sulla base delle relazioni ricevute. Gli insegnanti valutino con attenzione tutto questo prima di procedere alle loro scelte.

mercoledì 28 ottobre 2015

Le Cassandre della scuola


Pubblichiamo un intervento di Fabio Bentivoglio e Michele Maggino sulla scuola. E' apparso sulla rivista Indipendenza e su Megachip.
(M.B.)


Una Cassandra dal passato

(con due domande agli insegnanti di oggi e una morale finale)



Martedì 9 marzo 1999. Sono in riunione: oggi c'è il Collegio dei Docenti. Ieri è stato pubblicato il D.P.R. n. 275 (il regolamento sull'autonomia scolastica). L'insieme delle riforme fatte approvare da Berlinguer e Bassanini sull'autonomia scolastica hanno suscitato un grande fermento nel mondo scolastico: si respira aria nuova, di rinnovamento, di vera riforma “all’altezza dei tempi” ecc...

Ma, eccomi qua: mi chiamano Cassandra e sono qui per avvertire i miei colleghi, profetizzando sicure (per me) catastrofi per la scuola pubblica statale italiana: competitività, linguaggi aziendali, addestramento alla flessibilità, test, subalternità ai comandi della tecnica e ai locali poteri territoriali, profilo professionale docente analogo a quello dell’animatore sociale ecc… . Cerco di convincerli che lo spettacolo delle scuole che si fanno concorrenza a colpi di spot è [sarà] umiliante e faccio notare che l’autonomia “ha messo in moto nelle scuole una sorta di accattonaggio di massa, cui troppi insegnanti partecipano con colpevole superficialità”. Subisco quasi un linciaggio.



Flash dal futuro.

Ottobre 2015: Le due domande cruciali, nel 2015, sono le seguenti.

Prima domanda: La “Buona scuola di Renzi” è una “novità” o, al contrario, è l’approdo coerente di questa storia?

Seconda domanda: Opporsi alla cosiddetta “Buona scuola” significa contrastare gli specifici provvedimenti di tale “riforma” o, anche, contrastare, nelle scuole, la logica aziendalistica che si è radicata nella prassi scolastica ben prima dell’attuale riforma? Ad esempio: partecipare all’accattonaggio di massa per reperire fondi (da parte di docenti, famiglie e studenti) o legittimare la prassi dei cosiddetti “contributi volontari”, è o non è votare contro la Costituzione e a favore della “Buona scuola”?

Proviamo a metterla sul semiserio e torniamo al 1999!!



Resisto al linciaggio morale e insisto:

- Vedrete, entreranno le imprese nella gestione della scuola!

- Buuhh, nessuno ti può credere, dici solo un mucchio di sciocchezze….

Link dal futuro:




Non demordo.

- Vedrete, il dettato costituzionale (La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi) sarà sostituito dal dettato del marketing della grande distribuzione.

- Stai delirando, taci, non ti rendi conto delle follie che ci stai dicendo?!

Link dal futuro:


- Lo so, lo vedo: di questo passo gli insegnanti saranno valutati e scelti dagli studenti!

- Ma smettila. Stupidaggini allo stato puro! Parole in libertà!!

Link dal futuro:


Sono implacabile, nonostante l'evidente enorme contrarietà dell'uditorio dei miei colleghi; devo insistere, devo avvertirli di ciò verso cui stiamo andando incontro.

- Io vi dico che continuando su questa linea gli insegnanti si trasformeranno in gestori passivi delle procedure imposte dalla tecnica.

- Fatelo tacere: questo è un delirio da fantascienza!!

Link dal futuro:



Ormai nessuno mi ferma.

- Le scuole saranno considerate come aziende, le riforme saranno dettate dal mondo degli industriali.

- Vai via! Il tuo è solo estremismo distruttivo!!

Link dal futuro:



Nessuno mi ascolta, ovviamente; se no, non mi chiamerebbero Cassandra.

Sempre dal futuro segnaliamo:



Per sorridere un po' si veda:


- Ne sono convinto. Abbiamo iniziato un processo inarrestabile di privatizzazione. Ma vedrete, non disperate: ci sarà ancora qualcuno non all’altezza dei tempi. Ma non qui in Italia, ma in Finlandia, sì, in Finlandia di cui oggi nessuno parla; lì la scuola sarà rigorosamente statale e per diventare insegnanti bisognerà studiare tanti anni, senza selezioni con i test. Pazzesco vero!?!

Link dal futuro:


Un ricco archivio di un'altra Cassandra, a memoria futura:




Morale della favola: le battaglie si possono vincere se si individuano i fronti strategici su cui combatterle.



Michele Maggino

Fabio Bentivoglio

giovedì 18 giugno 2015

Una lettera a Renzi


Mi sembra meritevole di diffusione questa lettera aperta di Elena Maria Fabrizio a Matteo Renzi. La lettera è del 14 maggio ma non ha perso di attualità. Elena Maria Fabrizio insegna storia e filosofia nel Liceo Scientifico Fermi-Monticelli di Brindisi. Fa parte della redazione dell'interessante sito dialettica e filosofia.
(M.B.)






Gentile Presidente del Consiglio,

Lei e il Suo governo state portando noi docenti all’esasperazione; dovremmo pretendere un risarcimento per i danni materiali e morali conseguenti lo spreco di energie che abbiamo profuso in questi mesi. Abbiamo inserito le nostre critiche e proposte sulla piattaforma “Buona Scuola”, ci siamo riuniti in assemblee collegiali e sindacali dalle quali sono usciti documenti articolati, puntualmente inviati. Ciascuno di noi ha poi manifestato come poteva dissenso e proposte, della cui consistenza può rendersi conto consultando la sezione scuola della rivista Metro News. In Parlamento attende di essere discussa una legge di iniziativa popolare (Lip) che molti docenti hanno sottoscritto; è stata consegnata al Presidente della Repubblica Mattarella una petizione firmata da circa 80 mila cittadini, con la richiesta che il nodo spinoso del centralismo dirigenziale sia sottoposto al vaglio del dettato costituzionale. Abbiamo scioperato. Come vede c’è stata una pluralità di iniziative chiare, finalizzate a rimuovere o modificare l’assetto complessivo del Ddl.
Ora Lei, dopo l’emendazione del testo nella Commissione Cultura, che nella sostanza non accoglie le nostre richieste, ci chiede nuovamente di essere propositivi, attivandosi in una comunicazione ideologica e viziata dall’idea politica che vorrebbe inoculare nella scuola, tra l’altro perfettamente coerente con la precedente riforma Gelmini. Ogni volta che Lei scrive o comunica, come ha fatto ieri con la lettera e con il video, distorce la verità, quella che è scritta nel Vostro Ddl, ora alla discussione parlamentare.

1) È ideologica la Sua convinzione che la disoccupazione giovanile in Italia dipenda dalla scarsa alternanza scuola-lavoro e quindi dalla scarsa professionalità dei nostri giovani, e non dall’assenza di posti di lavoro. Il Ddl tra l’altro non spiega perché l’alternanza scuola-lavoro debba coinvolgere anche i Licei, cioè indirizzi di studi destinati allo sbocco universitario.

2) Ideologica e direi priva di spessore culturale, è l’idea che la dispersione scolastica possa essere risolta con l’alternanza scuola-lavoro, come a dire che tale angosciante problema possa essere spostato sul reclutamento della forza-lavoro. Si va così intenzionalmente a ignorare la matrice socio-economica di problemi come la scarsa alfabetizzazione e le difficoltà nell’apprendimento, spesso connessi alle diseguaglianze economico-sociali diffuse sul territorio italiano, che al contrario hanno bisogno di un programma di istruzione speciale che parta dalla scuola primaria e di un adeguato sostegno sociale. Perché se non si incide su questo fattore, la percentuale degli alunni con bisogni educativi speciali (Bes) non farà che aumentare.

3) Ideologica è la Sua idea di autonomia che affida ai Dirigenti la possibilità di scegliere i docenti da un Albo territoriale, di provvedere al Piano triennale dell’offerta formativa, di valutare i docenti, insieme a genitori e studenti. È una proposta antidemocratica che non accetteremo mai e di cui non si capiscono “apparentemente” le ragioni. Perché non lasciare questi compiti al Collegio dei docenti?

4) La chiamata diretta dei Dirigenti è inaccettabile perché mina l’autonomia dell’insegnamento. Come è possibile che non comprendiate questa elementare conseguenza? Vuole che le raccontiamo delle pressioni che alcuni Dirigenti, per le più svariate ragioni, esercitano sui docenti nel corso dell’anno scolastico e degli scrutini? Per le richieste spesso irragionevoli dei genitori, per scelte politiche, per dare un’immagine edulcorata della scuola o per la più nobile ragione di non perdere classi, che significherebbe perdere prestigio e anche docenti. Da tutto questo i docenti possono difendersi e resistere solo attraverso il sacrosanto principio dell’autonomia ed è irresponsabile da parte Vostra ignorare il valore altamente civico di questo principio.

5) Ideologica, poi, è l’autonomia della dotazione finanziaria, con la quale decidete che lo Stato possa abdicare alla sua funzione sociale ed economica e affidarsi ai privati per la gestione di un bene che è pubblico e tale deve rimanere, infliggendo così un ulteriore duro colpo al Welfare.

6) Ideologica è tutta la questione della valutazione dei docenti. L’incompetenza con la quale l’avete affrontata impone che essa venga subito cassata, per essere pensata e meditata con il contributo di esperti e del mondo della scuola. Da dove nasce il bisogno di valutare i docenti?
In questi mesi vi ho sentito esprimere pareri sui docenti inoperosi degni delle comari di Windsor. Invece di affidarvi a uno studio del fenomeno, vi siete limitati al pregiudizio che proviene dal sentito dire. Avete per caso istituito una commissione che abbia analizzato il problema e possa darvi contezza delle percentuali di docenti eventualmente “fannulloni”? Senza considerare che già esistono gli strumenti normativi per intervenire sulle piaghe dell’incompetenza e della pigrizia, che caratterizzano ogni settore della società. In ogni caso la valutazione non può in nessun modo essere associata alla “premialità”, essa ha senso solo se finalizzata al miglioramento della didattica e al perfezionamento del proprio patrimonio culturale, entro tale dimensione essa è incompatibile con il valore denaro.

7) E a questo proposito va detto che la prima cosa da fare è innanzi tutto adeguare i nostri stipendi alla dignità del nostro lavoro e alla sua funzione sociale, sulla base del principio che lo stipendio è il corrispettivo di una professione che si deve presupporre esercitata con dovere, responsabilità e rispetto delle regole. E invece voi trasportate il vostro sospetto che le cose non stiano così, il vostro pregiudizio soggettivo, in una norma che blocca gli scatti e gli adeguamenti stipendiali, per premiare i più bravi, secondo criteri oscuri, indeterminati e facilmente soggetti ad applicazioni arbitrarie.

8) Per inciso Le faccio notare che non esiste alcun nesso scientifico o automatico tra una scuola, come quella che viene rappresentata nel Ddl, ingorgata di attività, di iniziative, di progetti di ogni genere e tipo, e la qualità della formazione culturale sia degli alunni e sia dei docenti. Impegnati come saranno a organizzare di tutto e di più, i docenti non avranno affatto tempo per quell’aggiornamento obbligatorio che vi sta tanto a cuore. Aggiornamento, sia chiaro, che non prevede solo corsi e corsetti calati dall’alto, ma studio continuo, riflessione, adeguamento della didattica alle esigenze degli alunni, tutti ingredienti che richiedono tempo. Una proposta sensata sarebbe quella che a parità di stipendio diversifichi le funzioni, tra chi vuole dedicarsi alla didattica e chi vuole invece impegnarsi nelle altre attività dell'offerta formativa. Una seconda proposta attiene invece alla selezione e formazione in entrata, che richiederebbe una seria permanenza universitaria finalizzata ad apprendere il metodo della ricerca, che poi deve essere gestito in autonomia, attraverso lo studio, il confronto collaborativo, gli strumenti della collegialità, per diventare prassi della professione.

9) E a questo proposito: parlate della qualità della didattica e dell’apprendimento con una arroganza direttamente proporzionale all’astrattezza con la quale affrontate la questione. La condizione minima per favorire la qualità della didattica, e incidere con un certo successo su tutto il gruppo classe, è il numero di studenti per classe che non dovrebbe superare i 20-22 alunni.

10) A parte i piccoli aggiustamenti su musica, arte e sport, dove sta scritto che valorizzate la formazione umanistica? Come è possibile questa valorizzazione senza intervenire drasticamente nelle scellerate norme della Riforma Gelmini che ha depotenziato soprattutto le materie umanistiche? Pensate di poterla risolvere con l’autonomia?

11) L’Albo territoriale precarizza tutti, anche i docenti che sono da anni in ruolo, i quali non sono nella condizione di scegliere (Le ricordo che l’ultimo concorso del 1999 fu regionale), ma sono piuttosto costretti a chiedere un trasferimento per avvicinarsi alle famiglie. Costringe i docenti ad una continua mobilità che ricade sulla qualità della didattica, sugli già esigui stipendi e sulla loro salute psico-fisica.

12) Con le deleghe al Governo in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione Vi assumete dei poteri che sfuggono completamente al controllo del Parlamento.
Ci sarebbero tante altre osservazioni da fare, perché è l’impianto complessivo, proprio quello che avete deciso di non voler modificare, a essere viziato da un’idea politica centralistica, antidemocratica, privatistica, che impone un drastico passo indietro. Tale visione non è estranea alla logica del mercato, che ha già in parte deteriorato la scuola, producendo il genitore/alunno cliente di cui occorre soddisfare tutte le richieste, con grave danno per la formazione. Tale visione è perfettamente coerente con l’accettazione acritica del Sistema di valutazione nazionale fondato sull’Invalsi che risponde ad una logica standardizzata, funzionale, strumentale che non incide in nessun modo sul miglioramento dei livelli di apprendimento, ma anzi li deteriora. Dal momento che per voi l’impianto complessivo è dogmaticamente intoccabile, ne consegue che le aperture Sue e del Ministro siano non vere, e che ancora una volta, con le nostre risposte, noi abbiamo perso il nostro prezioso tempo nel tentativo disperato di riportarvi alla ragione. Alla ragione di una comunicazione trasparente e onesta, che rispetti le regole della logica e del discorso veritativo; alla ragione di un linguaggio rispettoso del nostro ruolo; alla ragione di atteggiamenti educati e non supponenti e pregiudizievoli. E prima di tutto, perché è lì che tutto si fonda e si mantiene, alle ragioni e al rispetto della nostra Costituzione, che ci ha affidato una scuola democratica, egualitaria, pubblica e laica, e di cui il Vostro Ddl non può considerarsi evoluta espressione.

Cordiali saluti,

Elena Maria Fabrizio

Docente di Filosofia e Storia



sabato 13 giugno 2015

La didattica centrata sul cliente


Pubblichiamo un intervento sulla scuola di Paolo Di Remigio. Seguiranno altri interventi di altri autori, che comporranno una “mini-serie”, per usare il linguaggio televisivo, sulla questione della scuola. È probabile che anche in futuro il blog si aprirà a contributi esterni, su varie tematiche. Si tratta di una piccola novità, rispetto alle nostre abitudini. Penso sia bene segnalare subito che i vari interventi “esterni” non saranno espressione della “linea del partito”: il partito non c'è, personalmente me ne dispiace ma non posso farci molto. I contributi “esterni” saranno interventi rispetto ai quali da parte nostra c'è un accordo generale, scritti da persone di cui abbiamo stima. Ovviamente ciascuno è responsabile di ciò che scrive.
(M.B.)



LA DIDATTICA CENTRATA SUL CLIENTE
Paolo Di Remigio


Il ministro Giannini, di fronte alle proteste contro la riforma della scuola, ha dichiarato alla stampa: “Sbagliato protestare, l’autonomia è di sinistra; vogliamo una scuola autonoma, responsabile e valutabile. Sono i principi della sinistra italiana progressista e illuminata che già aveva indicato Luigi Berlinguer”. È una frase che merita una riflessione.

Sbagliato protestare, l’autonomia è di sinistra”. Di fatto l’autonomia scolastica è stata introdotta con un governo di sinistra, cioè dalla legge Bassanini nel 1997 e dalla legge Berlinguer del 1999. C’è però un problema: questi esponenti politici di sinistra attuavano una politica di sinistra, cioè favorevole al progresso e all’emancipazione dei lavoratori dipendenti, o addirittura volta all’instaurazione rivoluzionaria della nuova società socialista? No, affatto. La riforma Bassanini e quella Berlinguer sono volte ad adeguare lo stato italiano all’impianto neoliberista dell’Unione Europea. L’Unione Europea, anche a voler credere alle sue migliori intenzioni, è condizionata nell’azione dalla Banca Centrale Europea, autonoma dal potere politico, che per statuto persegue come obiettivo fondamentale la lotta all’inflazione; ma si lotta all’inflazione debilitando la domanda, quindi rallentando la crescita economica così da aumentare la disoccupazione e diminuire i salari; cioè lottare contro l’inflazione implica l’attacco al tenore di vita e alla dignità dei lavoratori dipendenti, come vuole la destra. L’Unione Europea è dunque di destra, e Bassanini e Berlinguer, introducendo l’autonomia scolastica, pur continuando a dichiararsi e a essere creduti di sinistra, erano al servizio di un progetto di destra. A modo suo il ministro Giannini lo dice subito dopo: “Sono questi i principi della sinistra italiana progressista e illuminata”; in altri termini: l’autonomia è la riforma voluta non dalla sinistra retriva e oscurantista, ossia fedele alla sua tradizione, ma dalla «nuova» sinistra, quella che ha tradito i lavoratori e si è impegnata a impoverirli e a umiliarli. In effetti, i governi di destra, pasticciando le loro riforme, non hanno mai messo in discussione l’autonomia scolastica.

La proposizione: “Sbagliato protestare, l’autonomia è di sinistra” contiene dunque un termine contraddittorio: la sinistra di cui parla è una sinistra-destra. Agli insegnanti essa rimprovera l’incoerenza: protestano contro la riforma Renzi, che dell’autonomia è il semplice completamento, benché da quasi vent’anni si siano adattati alla riforma dell’autonomia; ma è un rimprovero a cui è facile ribattere che chi si appoggia a un fondamento contraddittorio si priva del diritto di lamentarsi dell’altrui comportamento contraddittorio. Non solo, richiamando le origini dell’autonomia dalla sinistra progressista e illuminata, il ministro fa un secondo passo falso: fa apparire la riforma dell’autonomia non estranea alla degenerazione attuale della scuola italiana. Il ministro vuole somministrare la riforma perché la scuola non funziona; ma ammette che la scuola che non funziona è quella che è già stata riformata. Quindi gli insegnanti che protestano non sbagliano: nella riforma sentono non un rimedio, ma l’esasperazione autoritaria di quel mutamento con cui si è innescato il disastro della «scuola autonoma, responsabile e valutabile», che distrugge la didattica e relega i giovani nell’ignoranza. Manca però loro la consapevolezza di quale specifico mutamento introdotto dall’autonomia scolastica sia responsabile del degrado.

lunedì 8 giugno 2015

"Buona scuola" o disastro antropologico?


Pubblichiamo un intervento di Fabio Bentivoglio sulla "buona scuola". Si tratta di un articolo in corso di pubblicazione sulla rivista Indipendenza.
(M.B.)



Buona scuola” o disastro antropologico?

Fabio Bentivoglio

(articolo tratto dalla rivista Indipendenza)



Prendiamo spunto da alcune “perle” relative alla cosiddetta riforma “La buona scuola” illustrata da Renzi nel corso del video con lavagna e gessetti. Il nostro, con lo sguardo rivolto alla mitica crescita, esordisce indicando che la riforma in oggetto mira a fare dell’Italia una “superpotenza culturale”; aggiunge poi che per contrastare il dramma della disoccupazione giovanile sarà previsto in tutti gli ordini di scuola un monte orario significativo di alternanza scuola-lavoro. Il giorno seguente l’approvazione alla Camera dell’articolo 9 del relativo disegno di legge che attribuisce ai dirigenti scolastici il potere di scegliere gli insegnanti più consoni alla realizzazione degli obiettivi indicati nel Piano dell’Offerta Formativa dell’istituto, Repubblica (19.05.2015) riporta il commento entusiasta della ministra Giannini: “Sbagliato protestare, l’autonomia è di sinistra; vogliamo una scuola autonoma, responsabile e valutabile. Sono i principi della sinistra italiana progressista e illuminata che già aveva indicato Luigi Berlinguer”. Un merito va riconosciuto a Renzi e alla Giannini: è difficile condensare in così poche parole quello che a tutti gli effetti si configura come un disastro antropologico di cui forse manca ancora adeguata consapevolezza.

Che la politica scolastica della sinistra sia “illuminata” o che l’alternanza scuola-lavoro sia un antidoto alla disoccupazione dilagante sono affermazioni talmente grottesche (quella relativa al lavoro è oggettivamente insultante) da porre l’interrogativo di come sia possibile che simili sciocchezze possano essere pronunciate da personaggi che determinano la vita collettiva senza che ci siano reazioni adeguate, quantomeno della gran parte del ceto intellettuale e accademico uso a declamare il “valore della cultura” senza trarne mai vere conseguenze politiche.