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sabato 23 giugno 2018

Sinistra, certezza, verità (P. Di Remigio)

(Riceviamo da Paolo Di Remigio e volentieri pubblichiamo. M.B.)



Sinistra, certezza, verità

Paolo Di Remigio


La sinistra attuale è nata dal Sessantotto, quando gli studenti, anziché imparare dai docenti, decisero che la propria ignoranza non era inferiore alla loro scienza. L’ignoranza può sentirsi pari alla scienza solo se vanifica la distinzione tra sé e la scienza e riduce ogni verità alla certezza soggettiva. Se però esistono solo certezze, la verità del docente è nudo potere, a cui è legittimo opporre il nudo potere alternativo, il 'potere studentesco'. A differenza del potere del docente, che appare come potere immediato, il potere studentesco è potere riflesso: si impone per negare la sua negazione e svanisce quando l’ha portata a termine. Sottraendo il piedistallo alla cattedra ed eliminando la cattedra stessa, si finisce così in un’aula in cui ci sono solo banchi; si arriva cioè a un mondo variegato di sole certezze soggettive, il mondo aperto.
Poiché però la certezza è un’ignoranza paga di se stessa (‘sapere di sapere’ come l’ha chiamata Bagnai), che non riconosce nessun oggetto, dunque nessuna ragione oggettiva per vergognarsi di sé e trascendersi, la differenza tra le certezze soggettive può generare contrasto e il variegato mondo aperto può degenerare in una guerra illimitata. La certezza evita il conflitto associando all’ideale dell’apertura l’ideale della tolleranza.
In quanto si sottopone allo stress della tolleranza, la sinistra sente ormai la sua certezza non soltanto pari, ma addirittura superiore alla verità; infatti la verità, poiché non lascia esistere il falso accanto a sé, ne è anzi la dissoluzione, è intollerante. Per la certezza paga di sé, la verità, in quanto si sottrae alla fatica della tolleranza, è soltanto un comodo atteggiamento di chiusura mentale, apparentemente rassicurante, in realtà foriero di conflitto.
Ma la tolleranza non è esente da una sua dialettica. La tolleranza è tollerante con i tolleranti e intollerante con gli intolleranti. Proprio perché si conserva mediante l’intolleranza dell’intolleranza, la tolleranza è anche il contrario di se stessa. Viceversa, la stessa verità non è soltanto il contrario della certezza, come questa crede, ma ne è mediata: la verità non è la certezza ripiegata nel proprio comodo angolo, è invece la certezza che ha provato il potere dei fatti, è il faticoso parto dell’esperienza, ossia la certezza che nasce dall’aver esposto al pericolo la certezza soggettiva. La sua intolleranza non è dunque un difetto soggettivo, ma deriva dall’avere sperimentato l’intolleranza dei fatti e dal farla valere nella sua certezza.
Nel linguaggio attuale della sinistra la differenza tra certezza e verità è espressa come differenza tra ‘mente’ e ‘pancia’: ‘mente’ è la prerogativa della sinistra che sacrificherebbe anche i primogeniti all’apertura e alla tolleranza; ‘pancia’ è invece l’impellenza, il potere intollerante dei fatti. Ma con l’intollerante è doveroso essere intolleranti; i fatti devono dunque essere nascosti e distorti; la scienza deve essere tradita, la verità immolata, chi la esprime deve essere infamato, perché si realizzi finalmente il paradiso delle certezze. La nobile intenzione impedisce alla sinistra di percepire l’abiezione dei mezzi per realizzarla: la sua società aperta si instaura con la penna dei giornalisti prezzolati, con l’occupazione dei mezzi di comunicazione tradizionali, con la manipolazione della scuola, con la censura degli spazi comunicativi non addomesticati. La sinistra è questa contraddizione di un antifascismo fascista; il fascismo che essa sente rinascere dalle viscere della società è soltanto l’intolleranza della sua tolleranza.

martedì 1 maggio 2018

Sul concetto di verità (P.Di Remigio)


(Riceviamo da Paolo Di Remigio, e volentieri pubblichiamo, questo articolo, già apparso in "Appello al popolo". M.B.)




Sul concetto di verità

Paolo Di Remigio

Da almeno due secoli, anziché offrire la forma definitiva della conoscenza, la filosofia rassicura che la verità sia inopportuna, e in parte escogita labirinti di pensiero alternativi al percorso logico, in parte la diffama pretendendo di scorgervi il proposito di un atteggiamento totalitario – da una parte una scuola europea legata a una filosofia della storia sempre più esangue rifiuta la verità come superficiale, dall’altra una filosofia nord-atlantica legata a una concezione sempre più oscurantista della scienza la ritiene incompatibile con la democrazia-liberale, che si attiene alla diversità delle opinioni come dato ultimo legittimo.
La verità è il linguaggio umano che si trova in accordo con la realtà – adaequatio rei et intellectus è la splendida definizione scolastica: non soltanto res ma accordo tra la res e l’intellectus. La sua immagine mitica sono i nomi che Adamo assegna alle creature. Il rifiuto della verità è dunque il rifiuto dell’accordo tra soggetto e oggetto: il soggetto può preferire la sua insufficienza e tenersi estraneo l’oggetto. Il soggetto può scegliere il falso.
L’essere una scelta pone la falsità nella sfera dell’etica; le sue forme possono essere ricavate da questa. Tre sono le forme giuridiche dell’illecito: quella per cui si vuole il diritto in generale, ma ci si attribuisce un diritto particolare altrui, l’inganno con cui si lede la sostanza del diritto altrui rispettandone l’apparenza, il delitto che annulla l’essenza e l’apparenza del diritto. A queste tre forme giuridiche corrispondono solo due forme morali – volere il diritto in generale è infatti l’essenza della morale : l’ipocrisia e la coscienza assoluta che trasforma in legge il suo arbitrio[1]. Poiché la verità non dipende soltanto dall’intenzione del soggetto, la falsità ha di nuovo tre forme: l’errore, se senza intenzione si è fuorviati da un’apparenza; la menzogna, se si svia con intenzione, cioè se ci si riserva una verità e si comunica agli altri un’apparenza; l’idealismo soggettivo, quando si squalifica la realtà necessaria rispetto al possibile. Mentre gli errori non chiedono di meglio che di essere corretti e sono anzi un momento della stessa esposizione della verità, la menzogna è il mezzo usuale della strategia manipolativa; molto del disprezzo attuale che si mostra alla verità, l’abitudine a considerarla impotente, è generato dalla rassegnazione o dalla condiscendenza alla menzogna universale che soffoca la modernità: emancipandosi dalla religione medievale disprezzata come impostura dei preti, l’illuminismo ha creato il giornalismo, ossia la comunicazione come merce, che mente programmaticamente per timore di perdere il committente o il cliente. Il vertice estremo del falso, l’idealismo soggettivo, è la sovranità del soggetto che si tiene alla sua idea per evitare la fatica dell’imparare, che dice di preferire il suo percorso di ricerca alla meta della scoperta, che sostituisce il godimento dell’accordo con l’oggetto con il sentimento di onnipotenza suscitato dal cosciente discordare da sé. Il suo principio è il disprezzo della logica.