Qualche osservazione interessante in questo articolo di Franco Piperno
http://www.dinamopress.it/news/tecno-scienza-e-tardo-capitalismo-otto-tesi-per-una-discussione-inattuale
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giovedì 17 agosto 2017
martedì 2 giugno 2015
Guerra, ideologia e tecnica
Pubblichiamo l'intervento di Fabio Bentivoglio al convegno "1914-2014: Cento anni di guerre", tenuto a Napoli il 4-12-14, organizzato dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e dal Rotary Club.
(M.B.)
Guerra, ideologia e tecnica
Fabio Bentivoglio
I
cento anni di guerra (1914-2014) oggetto della nostra attenzione sono
scanditi dalla Prima e Seconda guerra mondiale (1914-1918 e
1939-1945), dalla guerra fredda (1945-1991) e, in seguito, da un
ciclo di guerre indicate in forma generica con varie dizioni: “guerra
infinita”, “guerra globale” “guerra al terrorismo”… È
mio intento cogliere dal punto di vista storico gli aspetti di
continuità e discontinuità del fenomeno “guerra”, riguardo
l’origine dei conflitti,
l’ideologia e la
tecnica.
Origine
dei conflitti
Uno
dei rari casi in cui nella storia è possibile registrare una
costante, confrontando anche epoche molto lontane, è proprio quello
sulla natura delle dinamiche che danno origine alle guerre: le guerre
sono state e sono espressione di progetti politico-militari
riconducibili a dinamiche economiche, di potere, predominio,
ricchezza, controllo del territorio e simili. Ovviamente ogni epoca
storica si differenzia dalle altre per la configurazione dei rapporti
economici e per le forme di potere, ma i moventi che determinano le
guerre hanno una matrice comune. Se in età feudale le guerre erano
espressione di conflitti tra settori delle aristocrazie che si
contendevano le rendite feudali - soprattutto nelle fasi in cui tali
rendite declinavano - in età moderna i nuovi orizzonti geografici ed
economici generano nuovi conflitti: si pensi alla guerra di
successione spagnola (1700-1713), vera e propria prima guerra
mondiale della storia moderna, la cui posta in gioco riguarda,
attraverso la successione spagnola, il controllo dei traffici delle
Americhe e di quelli dell’Africa e dell’Asia collegati con le
Americhe. Insomma, mutano i quadri storici e mutano le forme
attraverso cui i poteri dominanti esercitano la loro egemonia, ma
nella sostanza non mutano le leve che muovono le guerre: sono leve
antiche, come antica è l’arte della guerra che si ispira al
principio del divide et impera.
Ciò vale, come vedremo, anche nel 2014.
Le
“cause” della guerra
Corollario
del tema della guerra è l’indagine sulle “cause” all’origine
dei conflitti. In sede storica “causa” è un termine da usare con
attenzione: nell’ambito della scienza fisica e in Natura il termine
rimanda alla sfera della necessità (il
Sole è causa
dell’evaporazione delle acque) mentre nell’ambito delle vicende
umane siamo nella sfera della libertà
per cui il termine va interpretato nel quadro di scelte frutto della
libera volontà degli uomini. Pertanto, le analisi tese alla
comprensione di quel fenomeno specificatamente umano che è la
guerra, più che alle cause, devono mirare a identificare il
contesto, o meglio, il progetto strategico che si prefigge uno Stato
o un potere politico-economico dominante, perché è tale progetto
che fa sì che un determinato evento o fatto diventi poi “causa”
di guerra.
Non
c’è alcuna necessità che l’attentato all’arciduca Francesco
Ferdinando il 28 giugno 1914, a Sarajevo, diventi la “causa”
della Prima guerra mondiale: lo diventa nel momento in cui, conclusa
l’eccezionale fase di espansione economica 1896-1905, si
restringono i mercati di sbocco generando tensioni tra le maggiori
potenze economiche dell’epoca (Germania, Francia, Inghilterra,
Russia…) non più risolvibili con mediazioni politiche. Lo stato
maggiore tedesco dispone fin dal 1905 di un accurato piano militare
(il cosiddetto “piano Schlieffen”) per condurre una guerra di
annientamento contro Francia e Russia. È un progetto che mira ad
annientare la potenza finanziaria della Francia e a impadronirsi
delle risorse minerarie (zinco e piombo) della Polonia russa. La
“causa” della guerra, dunque, non è l’attentato a Francesco
Ferdinando (vicenda, tra l’altro, tutta interna alle irrisolte
tensioni dell’Impero austro-ungarico) ma, in ultima istanza, è il
progetto politico, militare ed economico tedesco - non compatibile
con analoghi progetti di Francia, Inghilterra e Russia - che ha
incorporata la guerra.
È
dunque il progetto strategico politico-militare-economico che fa
diventare un evento “causa” di guerra e non viceversa! È
necessario attenersi a tale criterio metodologico per comprendere
anche le guerre contemporanee. Non dimentichiamo in merito la lezione
della filosofia: il “comprendere” –insegna Kant- consiste nel
“sussumere il particolare nell’universale”.
Se ad esempio osserviamo attentamente la tesserina (il particolare)
di un mosaico (l’universale) la “comprensione” di quella
tesserina passa attraverso la visione generale del mosaico di cui
essa è parte. Un’osservazione isolata della tesserina potrà
portare a conoscerla nei minimi dettagli e nelle sue più recondite
sfumature, ma non certo a comprenderla. Questo tipo di approccio
parziale caratterizza la nostra epoca dell’immagine: le guerre sono
poste all’attenzione pubblica moltiplicando e replicando immagini
sempre più dettagliate, senza però fornire la connessione di tali
immagini con il “mosaico” di cui sono parte e che solo potrebbe
consentirne la comprensione (a evitare equivoci ricordiamo che, in
sede storica, comprendere non è sinonimo di giustificare). Gli
episodi di una guerra sono compresi se letti alla luce della totalità
storica (l’universale) che li ha prodotti, diversamente osserviamo
frammenti sparsi che generano disorientamento, così da creare lo
spazio per la diffusione di facili e superficiali schemi di lettura.
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