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lunedì 21 gennaio 2019

In un mondo senza speranza




I. Queste riflessioni partono da un presupposto che mi limito qui ad esporre rapidamente senza argomentazioni. È mia convinzione che siamo avviati ad un declino di civiltà causato da due elementi fondamentali: da una parte l’emergere sempre più netto del carattere distruttivo, nei confronti di società e natura, dell’attuale organizzazione sociale, dall'altra la totale assenza di una forza sociale che seriamente e concretamente contesti questa distruttività e inizi a costruire vie alternative. Lo scenario globale dei prossimi decenni sarà cioè, a mio modesto avvisto, uno scenario di degrado e fine di una civiltà, senza speranze di un mondo migliore. È questa la situazione in cui ci accade di vivere. Non sto affermando che ci avviamo alla fine definitiva della civiltà umana o addirittura della specie umana. Sto affermando che le persone presenti sulla faccia della terra oggi, inizio 2019, vivranno l'intera loro vita in una fase di crisi e declino e non potranno scorgere nella realtà elementi di una diversa organizzazione sociale. Ammesso che sia così, appare inevitabile porsi il problema del senso da dare alla propria vita, in un mondo senza speranza.

lunedì 1 febbraio 2016

Famiglia (P.Di Remigio)

(Un intervento di Paolo Di Remigio)



La famiglia umana è determinata dalle leggi della libertà: una seconda natura, un insieme di consuetudini che condiziona le scelte degli individui così da inserirli in un sistema di diritti e di doveri. Il concetto di seconda natura è al di là della dicotomia tra natura e convenzione tipica dell'illuminismo: l'individuo e il suo arbitrio non si rapportano direttamente al contesto naturale, come credeva Leopardi, ma a una natura umanizzata dai suoi avi e mediata dalla solidarietà dei suoi contemporanei. Con la prima natura la seconda condivide l’imporsi all'arbitrio dell'individuo, ma se ne differenzia in quanto estingue la cieca indifferenza di quella ed è ordinata al vivere bene. La famiglia umana è l'espressione immediata della solidarietà tra gli individui; tradizionalmente vi si trovano congiunte tre forme di solidarietà finalizzate alla soddisfazione di tre bisogni naturali: la solidarietà finalizzata alla conservazione di sé, la solidarietà finalizzata alla soddisfazione sessuale e quella finalizzata alla cura della prole; quest’ultima, la comunità di allevamento, è la sua dimensione femminile, la prima, la comunità di sussistenza, è stata in passato prerogativa maschile, nella seconda, la comunità sessuale, il maschile e il femminile confluiscono.
In ogni caso ciò che fa della famiglia un unico animale policefalo è il legame di affetto tra i suoi membri: questi non si rapportano tra loro come persone indifferenti, come atomi che si urtano nel contatto istantaneo di un contratto, sono parti di un intero. La sussistenza dei membri non è strappata all’ambiente esterno, è assicurata da un patrimonio a cui «ciascuno contribuisce secondo le sue possibilità, da cui ciascuno attinge secondo il suo bisogno». In questo senso si può parlare di comunismo come forma economica della famiglia e si può anche comprendere il carattere fanatico dell’anticomunismo: il comunismo non è affatto una utopia che nasca da menti degenerate senza senso di realtà; esso è invece la nostalgia per l'esperienza di condivisione e gratuità specifica dell'ambiente familiare, la percezione che l'individuo è sempre un frutto della solidarietà umana, che l'adorazione della competitività tra gli individui porta infine, anziché al progresso, all'annullamento degli stessi individui nelle necessità della lotta.

domenica 8 novembre 2015

Famiglia e contratto (P.Di Remigio)

La famiglia tiene ormai uniti solo due tipi di scambio tra gli individui. Mentre una volta, quando l'arretratezza tecnica provocava la differenza tra lavori femminili e lavori maschili, integrava la produttività dell'uomo e quella della donna, dopo l'industrializzazione la famiglia continua a unire solo lo scambio orizzontale e quello verticale tra gli individui: il rapporto tra i sessi e il rapporto tra le generazioni. Sembra però che nello stesso modo in cui il lavoro si è separato dall'unità familiare, così debbano staccarsi l'una dall'altra anche la sessualità e la generazione; così la stessa famiglia cesserebbe di avere una funzione e finirebbe. In quanto si intestardisce a conservarsi tenendole unite, la famiglia appare un residuo del passato, superata da nuove e più moderne forme di sessualità e da nuove e più moderne forme di riproduzione.
In che consistano queste novità e modernità è subito chiaro. La separazione tra sesso e generazione ne fa beni scambiabili contrattualmente, merci; infatti il rapporto tra i sessi senza riproduzione, cioè il piacere sterile, è non solo sessualità occasionale ed eventualmente omosessuale, ma anche e soprattutto sessualità mercenaria; da parte sua la riproduzione separata dal piacere sessuale è un'operazione tecnica, così diventa un servizio scambiabile in forma contrattuale. Questo risultato è generalizzabile: quando sono attribuiti a un grado del progresso umano, «nuovo», «moderno» esprimono invariabilmente l'espansione della merce: il rinnovamento e la modernizzazione sono in realtà l'espandersi del contratto.
La tendenza degli scambi umani ad assumere la forma di contratto appare in un'aura progressiva. Il contratto implica infatti la persona, ossia l' individuo cui è riconosciuta volontà inviolabile. Poiché nell'ambito del capitalismo è persona, il lavoratore stipula un contratto col proprietario dei mezzi di produzione: in cambio di un salario cede al capitalista ciò che questi gli fa produrre nelle ore di lavoro concordate. Non sempre è stato così: il lavoratore del mondo classico poteva essere schiavo, cioè addirittura una merce, il lavoratore del mondo feudale dipendeva dal signore. La trasformazione del lavoratore in persona che è vincolata a un contratto liberamente stipulato è un immenso progresso dell'idea di libertà; l'asimmetria del rapporto tra proprietario del mezzo di produzione e nullatenente ne è in ogni caso ridotta. Più problematico appare invece il progresso della libertà quando la forma del contratto investe rapporti determinati, più che da una uguaglianza astratta, da una reciproca appartenenza tra individui che comporta per loro diritti e doveri. Le persone in senso stretto non hanno diritti e doveri tra loro, se non quello di capitale importanza, certo, ma pur sempre negativo, di non ledere la personalità altrui. I rapporti di reciproca appartenenza contengono invece per gli individui che ne sono membri l'obbligo positivo di volere l'unità, di favorirne attivamente la conservazione con la cura dei doveri. Da questi rapporti è circoscritto l'ambito dell'eticità, ossia in primo luogo lo Stato, nel quale le leggi stabiliscono i diritti e i doveri dei cittadini, in secondo luogo la famiglia, in cui l'affetto stabilisce i diritti e i doveri tra uomo e donna e tra genitori e figli. Che possa non essere riducibile a contratto, non implica che l'ambito etico debba essere privo di scambio; esiste uno scambio non contrattuale, anzi è la forma originaria dello scambio1, che è il dono. Tra dono e contratto la differenza è evidente: mentre questo tiene separati coloro che lo stringono, che restano perciò personalità indifferenti, quello stabilisce o consolida un legame, un rapporto di dipendenza reciproca tra individui.