(Piccole storie di ordinario liberismo. Ormai qualsiasi evento naturale, non poi così strano (neve in gennaio...), rischia di far affondare un pezzo del paese. Inutile ripetere cose già dette. Possiamo solo raccogliere l'invito che chiude questo intervento di Paolo Di Remigio, che pubblichiamo volentieri. Davvero, sganciarsi da questa organizzazione sociale folle e decadente sta diventando questione di sopravvivenza. M.B.)
NOTIZIE
DAL CENTRO ITALIA (P. Di Remigio)
Nella
provincia di Teramo inondata dalla neve e martoriata dal terremoto,
manca la corrente elettrica ancora a migliaia di abitazioni, perché,
si dice, carichi di neve, gli alberi cresciuti vicino ai cavi
elettrici sono caduti e li hanno spezzati. Pare che non si conosca
neanche dove siano interrotte le linee.
Di
fronte a tanto disagio, i responsabili scaricano la responsabilità
su altri responsabili: il presidente della regione Abruzzo, in
un'intervista
televisiva, chiede come mai la rete elettrica abruzzese sia così
inefficiente nonostante l’ENEL, divenuta azienda di Stato nel 1962
ma privatizzata nel 1992, abbia dichiarato di aver investito 50
milioni per il suo ammodernamento; durante la stessa intervista un
giornalista lancia contro il governatore accuse roventi per il
ritardo con cui egli avrebbe lanciato l’allarme. Ma non sono queste
le accuse rilevanti. Ogni società, dice Aristotele, sorge perché
l’individuo è incapace di soddisfare da solo i propri bisogni. Tra
i compiti dello Stato c’è dunque, innanzitutto,
quello di provvedere ai bisogni che per definizione l'individuo
non può fronteggiare, alle situazioni di emergenza, quelle umane,
come le guerre, e quelle naturali, come le grandi forze elementari.
Se di fronte a situazioni emergenziali, ma certo non catastrofiche (è
così straordinario che a gennaio nevichi? Sono così straordinarie
scosse sismiche dopo la prima?), manca una risposta che non sia
l'eroismo
dei singoli, questo significa che in trent’anni si è infine
realizzato un preciso progetto, portato avanti con tenacia e
intelligenza dagli interessati, benedetto dagli esperti, inculcato
dai comunicatori: il progetto liberale
dello Stato minimo,
dello Stato senza
mezzi. E la
colpa degli amministratori è la stessa degli esperti ed è la stessa
dei comunicatori: il loro tradimento, che fa impallidire ogni
ulteriore responsabilità individuale, è di aver collaborato alla
distruzione dello Stato su mandato del cosiddetto mercato.
Di fronte a questa colpa, quella di non aver spedito la turbina agli
ospiti terrorizzati dell'albergo
di Rigopiano, per quanto grave possa essere, è una conseguenza forse
inevitabile: solo se ci fossero state a disposizione 10, 50 turbine,
anziché 1, dico una, turbina, non averla spedita sarebbe stata una
decisione arbitraria e dunque criminale.
Dopo
il terremoto del 18 gennaio, la Commissione Grandi Rischi ha
dichiarato che potrebbero esserci scosse del VI-VII grado Richter e
che le dighe del lago di Campotosto potrebbero cedere con effetto
Vajont. Le capacità previsionali della sismologia sono molto
modeste, e in un territorio in cui ci sono stati sismi del VI-VII
grado Richter sono in generale possibili scosse della stessa
magnitudo in
qualunque momento.
Si vorrebbe credere che, nell'emettere
una dichiarazione così allarmante, la Commissione Grandi Rischi non
si sia riferita a questa generica possibilità, ma abbia avuto a
disposizione elementi per quantificare
la probabilità di forti scosse e abbia calcolato i rischi della
popolazione secondo la sua distanza dai probabili epicentri, in modo
che le altre autorità competenti mettessero in atto piani rapidi di
verifica della sicurezza abitativa e di evacuazione delle comunità a
rischio. Nulla di tutto questo. Già a fine ottobre su un autorevole
giornale tedesco si poteva infatti leggere che tra Amatrice e
L'Aquila
c'è
una faglia (quella di Campotosto) caricata di energia dalle
precedenti scosse, che avrebbe sicuramente
prodotto importanti fenomeni tellurici. Si sapeva con sicurezza da
mesi il
dove,
solo sul quando
c'era
probabilità. La gente,
nonostante la reticenza degli esperti,
mormorava che a Campotosto ci sarebbe stato un nuovo episodio del
terremoto iniziato nel 2009; ma le autorità, tutte,
fingevano di ignorarlo per timore di dover fare ciò che non potevano
fare. Se fosse esistito lo Stato anziché lo Stato minimo, non ci
sarebbe stata nessuna esitazione a mettere in sicurezza già
dall'inizio
di novembre i paesini intorno alla faglia di Campotosto, dichiarando
inagibile tutto ciò che non potrebbe resistere al VI-VII grado
Richter e iniziando a costruire in modo sicuro secondo le diverse
priorità dei diversi abitanti di restare nella loro terra. Invece
gli abitanti di Campotosto, di Capitignano, di Montereale sono stati
lasciati soli con il loro rischio e hanno subito le quattro scosse
del 18 gennaio intrappolati nelle loro case intrappolate nella neve.
Che solo dopo
il terremoto del 18 la Commissione Grandi Rischi annunci che sono
possibili grandi rischi, addirittura la rottura delle dighe del lago
di Campotosto e il catastrofico versamento delle acque lungo la
vallata del fiume Vomano – il ritardo di un allarme tanto grave si
può spiegare solo con la vicenda del processo che la Commissione ha
subito per il terremoto dell’Aquila del 2009: poiché l'aver
tranquillizzato la popolazione le è costata l'accusa
di essere responsabile delle circa 300 vittime, essa, benché assolta
per i fatti di allora, in questa occasione ha capovolto la linea di
comportamento così da tutelarsi in eventuali futuri processi: non
più tranquillizzare, ma allarmare e scaricare ogni eventuale
responsabilità sulle altre autorità qualora non reagiscano
all’allarme. E in effetti la regione non è in grado neanche di
ripristinare la corrente elettrica e di raggiungere le località
isolate, figuriamoci il resto! Così l’unica reazione di cui le
autorità
dello Stato minimo liberale dispongono per fronteggiare i problemi è
esasperare la paura della popolazione.
Quando
ero piccolo nel mio paese di 5000 anime c'era lo spazzaneve, una pala
montata su un autocarro militare americano dell'ultima
guerra, che percorreva continuamente le strade a partire
dall'ispessirsi
dei primi centimetri e garantiva la viabilità. Oggi ai comuni manca
tutto: Teramo non ha la possibilità di tenere sgombre le strade e,
travolta dagli eventi, non ha la possibilità neanche di organizzare
i cittadini che volessero mettersi a disposizione per i lavori di
comune utilità. Gli Italiani non si illudano: non è questa
decisione di questo
amministratore di sospetta corruzione la radice delle sciagure, è il
neoliberalismo che ha inibito lo sviluppo delle forze produttive e ha
ridotto il potere pubblico all'impotenza
primitiva. Sganciarsene inizia a diventare una questione di
sopravvivenza.