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giovedì 6 agosto 2020
Adulti nella stanza
A proposito del film di Costa-Gravas, tratto dalle memorie di Varoufakis
lunedì 24 febbraio 2020
Le registrazioni di Varoufakis
Promettono di essere interessanti
http://vocidallestero.it/2020/02/22/varoufakis-euroleaks-perche-pubblicarle-e-perche-ora/
http://vocidallestero.it/2020/02/22/varoufakis-euroleaks-perche-pubblicarle-e-perche-ora/
venerdì 1 giugno 2018
Una intervista a Varoufakis
venerdì 5 febbraio 2016
Euro (breve sintesi)
(Proponiamo ai nostri lettori un breve testo riassuntivo che comparirà in una futura pubblicazione a cura dell'ARS)
Euro
M.Badiale, F.Tringali
Quando,
nel 2011, abbiamo cominciato ad argomentare la necessità per il
nostro paese di abbandonare l'euro1,
non era facile imbattersi, nel dibattito pubblico, in critiche
esplicite alla moneta unica. Per fortuna abbiamo quasi subito
incontrato persone che andavano nella stessa nostra direzione, a
partire da Alberto Bagnai2
e dagli amici che avrebbero poi dato vita all'ARS. Nel corso del
tempo, i contenuti che diffondevamo hanno mostrato in pieno la loro
correttezza, tanto che alcuni di essi sono entrati a far parte del
mainstream
economico.
Recentemente,
un gruppo eterogeneo di economisti molto noti ha pubblicato una
comune analisi, una “consensus narrative”, della crisi che ha
raccolto ampie adesioni3.
Ciò che ha messo d'accordo esperti appartenenti a orientamenti
diversi, non diverge da quanto abbiamo cercato di diffondere già
diversi anni fa. Il punto fondamentale è che la crisi dell'euro non
è una crisi di debito pubblico, bensì una crisi di debito estero
(pubblico e privato), generata dai deficit delle partite correnti nei
paesi della periferia dell'eurozona. Tali saldi negativi si sono
perpetuati nel tempo a causa delle profonde differenze fra le diverse
economie nazionali.
È
accaduto che con l'unificazione della moneta i paesi più deboli si
sono trovati in mano una valuta troppo forte, mentre quelli del
centro hanno goduto di un cambio più favorevole alle loro politiche
economiche basate sulle esportazioni. Essi hanno colto la palla al
balzo ed hanno realizzato riforme del lavoro che hanno diminuito la
forza contrattuale dei lavoratori, e di conseguenza i loro salari.
Perdita di potere di acquisto significa inflazione contenuta, e così
proprio quei paesi che all'interno dell'unione monetaria erano
economicamente più forti, hanno visto un aumento della competitività
e, quindi, dei loro surplus commerciali. Il rovescio della medaglia,
però, è stato il peggioramento della condizione dei paesi con
inflazione più alta, che ovviamente hanno perso competitività
rispetto ai primi. Gli squilibri fra le economie sono aumentati. Una
volta scoppiata la crisi, ad essa non si è saputo rispondere
adeguatamente perché la moneta unica ha privato i paesi
dell'eurozona degli strumenti tradizionali che fungono da meccanismi
di riequilibrio, come una banca centrale che ricopra il ruolo di
prestatore di ultima istanza e la flessibilità del cambio valutario.
Sebbene le recenti mosse della BCE abbiano raffreddato il clima, la
situazione resta ancora molto difficile, e la crisi è ben lontana
dall'essere risolta. Tutto ciò ormai va considerato assodato.
lunedì 24 agosto 2015
Un'intervista a un collaboratore di Varoufakis
Un'interessante intervista a Daniel Munevar, un collaboratore di Varoufakis nel periodo in cui quest'ultimo era ministro
http://www.sbilanciamoci.info/ Sezioni/globi/Grexit-e-solo- una-questione-di-tempo-30912
http://www.sbilanciamoci.info/
sabato 18 luglio 2015
Lettera aperta agli amici sonnambuli
Marino
Badiale, Fabrizio Tringali
È
evidente a tutti che la fine drammatica dell'esperienza del governo
Syriza è uno spartiacque. Essa infatti rappresenta la verifica
concreta, l'experimentum crucis che decide se una strategia politica
sia valida oppure no. Non è difficile, se si ha onestà
intellettuale, trarne le necessarie conseguenze. Proviamo a farlo in
questa lettera aperta. Gli “amici sonnambuli” ai quali è
indirizzata sono le tante persone del mondo “antisistemico” che
in questi anni hanno protestato contro le politiche autoritarie e di
austerità dei ceti dominanti, rifiutando però di porre la questione
politica dell'uscita dell'Italia dal sistema euro/UE. La proposta
dell'uscita veniva tacciata in questi ambienti di “nazionalismo”,
e contro di essa veniva evocata la necessità della lotta unitaria
dei ceti popolari europei.
Speriamo
che la triste vicenda greca serva almeno a favorire un'ampia presa di
coscienza su quali siano i nodi politici reali da affrontare in
questo momento storico, se non si vuole soccombere.
Cerchiamo
di riassumere i punti fondamentali della questione.
1. Il
sistema euro/UE è irriformabile.
La strategia di Tsipras era quella di lottare, all'interno del sistema euro/UE, per strappare un compromesso avanzato, che permettesse al suo governo di porre fine alle politiche di austerità. Questa strategia è stata completamente sconfitta, tanto da essere accantonata dal governo greco ben prima dell'indizione del referendum, il quale è stato convocato solo per ottenere dalle istituzioni europee una qualche disponibilità alla ristrutturazione del debito.
La strategia di Tsipras era quella di lottare, all'interno del sistema euro/UE, per strappare un compromesso avanzato, che permettesse al suo governo di porre fine alle politiche di austerità. Questa strategia è stata completamente sconfitta, tanto da essere accantonata dal governo greco ben prima dell'indizione del referendum, il quale è stato convocato solo per ottenere dalle istituzioni europee una qualche disponibilità alla ristrutturazione del debito.
Non ha
alcun senso, quindi, pensare di riproporre una simile strategia,
perché non è possibile ottenere alcun allentamento dell'austerità
all'interno del sistema dell'euro/UE.
Le
ragioni sono molte e ne abbiamo scritto molte volte. Ci limitiamo qui
a sottolineare il fatto che sarebbe estremamente ingenuo pensare che
sia impossibile cambiare le politiche europee solo perché le forze
di sinistra non hanno abbastanza potere. E che, quindi, una vittoria
delle sinistre in paesi forti come la Germania consentirebbe di
rendere possibile ciò che oggi non si riesce a fare. Per
smentire questa tesi è sufficiente vedere quale è stato, in queste
settimane, l'atteggiamento della SPD tedesca, così come quello di
Martin Schultz.
Così
come non esiste possibilità che le oligarchie europee cambino le
loro politiche, allo stesso modo è impensabile che esse possano
essere messe in discussione tramite lotte popolari europee, come
continuano a ripetere i sonnambuli, che per continuare a sognare
“l'Europa dei popoli” devono necessariamente tenere gli occhi
chiusi davanti alla realtà.
Anche su
questo, infatti, le recenti vicende greche hanno dato una risposto
molto netta. Veniamo così al secondo punto.
2.
Non c'è nessuna solidarietà fra i popoli europei.
Nella sua
lotta disperata, Atene è rimasta sola. Non c'è stata negli altri
paesi europei nessuna iniziativa di solidarietà con la Grecia che
sia stata significativa, capace di incidere. Possiamo invece
facilmente immaginare cosa sarebbe successo se i popoli dei paesi
creditori avessero potuto esprimersi sulle condizioni da imporre alla
Grecia.
Aspettarsi
che i popoli europei, che nel corso di questa lunghissima crisi non
hanno finora mai manifestato una capacità di azione comune, possano
camminare insieme nel prossimo futuro, significa fare una
irresponsabile scommessa sulla pelle dei popoli stessi.
Al
contrario, grazie al sistema euro/UE, i ceti dominanti europei sono
più uniti e coordinati di prima (pur nei loro ineliminabili
conflitti reciproci). Cosicché essi riescono a concentrare una
enorme “potenza di fuoco” (UE, BCE, FMI) contro il popolo del
paese che di volta in volta è bersaglio (la Grecia, la Spagna, il
Portogallo, l'Italia etc..) mentre quest'ultimo è solo, impotente.
Scegliere,
come dicono i sonnambuli, il piano europeo come il piano della lotta,
è un vero suicidio, perché su quel piano i popoli sono divisi e
resteranno tali, mentre le oligarchie possono facilmente unire le
forze. È soprattutto per questo che il progetto di un'Europa
federale è da respingere, prima che per la sua difficoltà di
realizzazione: perché se anche venisse realizzato, sarebbe non un
sogno ma un incubo, l'incubo del dominio pieno delle oligarchie
unificate su popoli divisi, deboli, costretti a cedere ai ricatti,
come hanno dovuto cedere i greci.
Il piano
della lotta deve quindi essere necessariamente quello nazionale.
Questo non esclude affatto alleanze con le forze antisistemiche di
altri paesi. Ma noi dobbiamo iniziare la nostra lotta in Italia,
parlando al popolo italiano. Se e quando negli altri paesi si
svilupperanno lotte analoghe, si cercherà di costruire collegamenti
con esse.
3.
L'inevitabile uscita dall'euro e dalla UE.
Nelle interviste
rilasciate dopo il suo abbandono del governo, Varoufakis ha rivelato
che una volta compreso che la strategia del governo non avrebbe
condotto a nulla, aveva cominciato a progettare l'uscita dall'euro.
Questo ci rivela alcune cose fondamentali.
La più
importante è che l'uscita dall'euro sta nella logica della cose, se
davvero si vuole lottare contro le oligarchie e il sistema euro/UE.
Varoufakis aveva sempre dichiarato la sua opposizione al Grexit, ma,
alla fine, la forza delle cose lo ha portato a porla come opzione. La
realtà vince. Dalla posizione di governo, il ministro delle finanze
greco ha visto che se si esclude a priori l'uscita dall'euro, ci si
consegna mani e piedi alle oligarchie contro cui si combatte. La
posizione di Tsipras, che si può riassumere con la frase “negoziamo,
ma sia chiaro che noi non usciremo dall'euro” ha reso facilissimo
alle istituzioni imporre qualunque cosa, sotto la minaccia, appunto,
della cacciata dall'eurozona.
E'
chiaro quindi che se si vuole seriamente lottare contro le oligarchie
e si decide di farlo provando a negoziare con esse, bisogna almeno
avere pronto il piano B dell'uscita dall'euro. Ma questa
considerazione non è senza conseguenze. Infatti l'uscita dall'euro
non può essere un segreto, una specie di inganno: se ci si presenta
alle elezioni pensando ad essa come ad una possibilità, gli elettori
devono essere informati. Questo non per una astratta “moralità
democratica”, di cui peraltro non neghiamo il valore, ma perché
l'uscita dall'euro (e dalla UE), come abbiamo detto molte volte, non
è la soluzione di tutti i problemi, è “solo” la “condicio
sine qua non” per la riapertura della possibilità di una vera
alternativa alle politiche attuali.
L'abbandono
del mostro europeo comporterà prezzi da pagare. Decidere chi li
paga, e come, è politica. Occorrerà decidere cosa fare della
riacquistata libertà, verso quali obiettivi indirizzare la politica
economica. E su questo si scontreranno le diverse forze politiche.
L'uscita
dall'euro e dalla UE significa cioè l'inizio di una nuova fase di
lotta politica. Le forze antisistemiche non avranno altra base cui
poggiarsi che le masse popolari. Ma tali masse devono essere
preparate, devono sapere cosa le aspetta. Devono sapere, se votano
per forze antisistemiche, che il loro governo prevede l'uscita
dall'euro e dalla UE, almeno come opzione B. Se non c'è questa
coscienza, l'eventuale uscita potrebbe rappresentare un disastro,
perché potrebbe addirittura essere vissuta come sconfitta o
tradimento.
Queste
considerazioni, che emergono con chiarezza dalla vicenda greca, ci
confermano quello che in questi anni abbiamo sempre ripetuto:
l'uscita dall'euro e dalla UE è una componente necessaria nel
programma politico di una forza realmente antisistemica.
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