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domenica 10 gennaio 2016

Problemi della società multietnica (P.Di Remigio)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento di Paolo Di Remigio, che parte dai recenti fatti di Colonia per discutere i problemi legati all'immigrazione e al confronto fra culture diverse. Si tratta di problemi ardui, senza facili soluzioni, che possono essere affrontati solo con lucidità e onestà intellettuale.
(M.B.)



Problemi della società multietnica 

Sieh, ich könnte befehlen, könnte dich zwingen. Aber nein, Konstanze, dir selbst will ich dein Herz zu danken haben.
Mozart, Die Entführung aus dem Serail, Atto primo.


È illusorio pensare che si possano allargare le libertà senza restrizioni, e senza un'educazione che, abituando alle restrizioni, le faccia diventare una consuetudine: ogni libertà implica restrizione dell’arbitrio, perché ogni diritto è anche un dovere. Che le donne abbiano la libertà fondamentale di essere persone significa che hanno la proprietà del loro corpo: non lo si può toccare senza che esse lo vogliano; ma questo diritto delle donne alla proprietà del loro corpo è nel contempo il dovere degli uomini di rispettarla e non è possibile mettere insieme la personalità della donna e il desiderio dell'uomo di avere piacere dal corpo di lei anche senza il suo consenso.
Poiché in generale la natura non garantisce diritti, essere persona non è un diritto naturale della donna, anzi è uno degli ultimi frutti della nostra educazione, per questo ancora fragile: un risultato della monogamia che la chiesa cristiana ha imposto ai fedeli come unica forma legittima di sessualità da più di un millennio e mezzo. Nella monogamia un uomo e una donna si affidano l'uno all'altro senza riserve; questo stabilisce tra loro un'uguaglianza sentimentale, un'unanimità sostanziale che tende a vanificare la discriminazione sul piano giuridico. Con l'introduzione delle macchine che rende irrilevante la superiorità della forza fisica maschile, l'uguaglianza soltanto potenziale nella monogamia diventa attuale, giuridicamente fissata, una libertà. Ora il progetto della società multietnica, portato avanti con pervicacia dai poteri che manovrano le istituzioni europee, lasciando aperte le porte a una immigrazione massiccia dal mondo arabo, come se fosse una soluzione, anzi l’unica soluzione del caos indottovi, tra le altre minacce ne fa pesare una anche sul diritto di personalità della donna. Non è questione di razzismo, come subito pensano gli sciocchi, è questione di educazione, di cultura. Nella cultura islamica non solo non c'è uguaglianza giuridica tra uomo e donna; la sua base, il Corano, oltre a consigliare mezzi come le battiture per "disciplinare" le mogli, consente la poligamia, quindi la situazione di radicale asimmetria tra i coniugi. Ora, a noi, in genere, questa negazione radicale della personalità della donna ripugna. Non è una ripugnanza naturale, come non è naturale per un uomo in generale astenersi dal molestare una donna: è il risultato di una lunga educazione; e forse a chi è stato educato all'intima convinzione della non personalità della donna ripugna l'affermazione della sua personalità. Noi che abbiamo sempre visto i visi delle donne e intravisto i loro corpi siamo imbarazzati dal velo, il burqa ci fa orrore; a chi è cresciuto nella cultura islamica, a chi ha visto sempre donne velate o nascoste nelle loro vesti fanno forse orrore i capelli sciolti, i vestiti attillati e le minigonne. L'educazione spiritualizza il richiamo della giovinezza e della bellezza e lo risolve nello scambio tra il piacere di ammirare e il piacere di essere ammirate; dove ci sia stata diversa educazione il non celare la giovinezza e la bellezza può essere sentito come una provocazione intollerabile, un disordine che autorizza l'aggressione, quindi lo svuotamento del diritto della persona. Il sindaco di Colonia, che ora raccomanda alle donne di islamizzarsi per evitare le molestie, pare sia stata un'eroina della società multietnica. Ci si domanda dove trovi il coraggio di raccomandare se le manca quello di dimettersi.

4 commenti:

  1. Ottimo articolo, del genere che finirebbe nel cestino di qualsiasi foglio o telegiornale di regime.

    Vorrei solo aggiungere una precisazione semantica: ciò che qui viene definito convinzione dovrebbe chiamarsi pregiudizio; ciò che vien detto educazione dovrebbe chiamarsi plagio; e ciò che viene detto diritto o "libertà fissata giuridicamente" dovrebbe definirsi prevaricazione, dal momento che al riconoscimento di ogni diritto corrisponde l'imposizione di un obbligo su altri soggetti.

    I fatti di Colonia definiscono semplicemente un contenzioso nel modo in cui diversi raggruppamenti - poteri forti, mezzi negri, femmine, femministe e patrioti - ambiscono ad organizzare la prevaricazione all'interno delle società plutocratiche, pardon occidentali. E tale contenzioso non sarà certo risolto sulla base dei criteri di onestà e lucidità intellettuale avocati da Di Remigio, ma sulla base dei mezzi dispiegati da ciascuna fazione per opprimere i suoi avversari e conculcare - tramite opportuni fuochi d'artificio mediatici - pregiudizi aggregativi nelle povere teste del gregge.

    "La battaglia degli spiriti è brutale quanto il più sanguinoso dei combattimenti. Qui la semplicistica massima cartesiana 'penso dunque sono' si concretizza ed assume tratti esistenziali, fino a risolversi nella proposizione: 'penso, dunque ho dei nemici; ho dei nemici, dunque penso'. Ergo existant qualitate qua hostes [...]. La guerra statuisce il primo diritto, e non esiste diritto che, nel suo fondamento, non sia arroganza, usurpazione e violenza".

    Personalmente, l'accaduto ravviva il mio compiacimento per l'invasione migratoria e mi lascia grandi speranze per il futuro. Assieme al papa, alla Boldrini ed ai movimenti antirazzisti io esulto all'idea che decine di milioni di disperati si riversino in Europa già nell'anno in corso. Uno scenario particolarmente favorevole si avrebbe con il tracollo di Schengen e la conseguente compressione dell'intera massa umana nelle sole Grecia, Italia e Spagna, anelli deboli della dittatura europea ed atlantista.

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  2. Non so quanto l'intervento di Lorenzo sia scherzoso, dunque quanto questa mia risposta ridicola. Appunto perché non so, devo comunque correre il rischio di darla. Occorre distinguere tra inizio e fondamento del diritto: la monogamia è una violenza iniziale alla sessualità, il suo esito è un sistema giuridico che riconosce la donna come persona, che dunque, tra l'altro, favorisce anche una sessualità più appagante (i Greci, che chiudevano le donne in casa, per avere qualcosa in più di un misero stimolo fisico dovevano poi arrangiarsi tra maschi). Il riconoscimento di un diritto NON corrisponde MAI all'imposizione violenta di un obbligo; anzi un'imposizione violenta è proprio ciò che il diritto impedisce. Generano diritto riconosciuto solo gli obblighi volontariamente accettati; e nella misura in cui c'è riconoscimento ci sono ordine sociale, amicizia in senso lato, non ostilità. Questa è la cultura, non quella cosa truculenta, la guerra di tutti contro tutti, come Lorenzo sembra credere citando uno Schmitt particolarmente confuso, che, come Timone d'Atene, non distingue più amico da nemico. Eppure in Hegel la distinzione è sesquipedale: la congiunzione ostile è logica della riflessione, la congiunzione amichevole, l'essere vicino a sé nell'essere-altro, è logica del concetto.

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  3. Caro Paolo, vivendo in un mondo dove tutti belano la scervellata metafisica umanista conculcata dal conquistatore di turno, devi lasciarmi il gusto di qualche piccola provocazione. La mia lettura in termini di volontà di potenza è tanto forzata quanto il giusnaturalismo da bancarella masticato dalla cultura di regime, e proprio per questo buona a instaurare con esso una - poco hegeliana - dialettica sarcastica e contrappositiva, che non ha la più pallida intenzione di lasciarsi mediare in un inesistente terzo superiore.

    Detto fra noi, tu scrivi come se i tuoi interlocutori dovessero condividere la teologia mascherata filosofia di quel mezzo prete che fu Hegel. Il fatto che Hegel la pensasse in un certo modo non è una dimostrazione di contenuto.

    PS: fra i tanti qui pro quo mi ha colpito l'accenno alla sessualità dei greci. I greci erano bisessuali perché così voleva la moda del tempo, non perché non si divertissero colle mogli. In più chiunque poteva frequentare prostitute o mettersi in casa una ragazzina senza che la moglie osasse fiatare. Loro sì che si divertivano! Le profondità sentimentali del corpo matronico della consorte le lasciavano all'impotente Paolo di Tarso e alla moltitudine di infelici che ne hanno preso sul serio le farneticazioni.

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  4. "Che Hegel la pensasse in un certo modo non è una dimostrazione di contenuto". Giusto! Non sarò certo io a invocare l'"ipse dixit". Ma in che modo pensava Hegel"? Non certo mascherando la teologia con la filosofia. Il loro rapporto non è nascosto, ma ben determinato: la filosofia ha lo stesso contenuto della teologia cristiana, ma forma concettuale (che significa 'critica') laddove questa si ferma alla fede. Sembra poco, ma per questa differenza di forma i teologi hanno in antipatia Hegel molto più di Feuerbach o Nietzsche: di questi è fin troppo facile mostrare l'impotente velleitarismo parolaio, quello resta un osso duro. Il contenuto comune a filosofia e teologia è il terzo che tu dichiari (un po' sommariamente) inesistente, l'accordarsi del diverso. Questo accordarsi risulta dal fatto che l'atteggiamento critico che si esercita sul primo (un buon esempio di primo è ciò che chiami "la scervellata metafisica umanistica")deve tenersi desto, non deve assopirsi rispetto al secondo (per esempio "la lettura in termini di volontà di potenza"): lo smussarsi del primo e del secondo contro una critica coerente è il terzo. Con questo spero di essere entrato nel contenuto e aver dissolto uno dei tanti qui pro quo. Quanto alla sessualità dei Greci, mi riferivo al discorso di Pausania nel "Simposio", quello che esclude una profondità spirituale nell'erotismo rivolto alla donna.

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