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mercoledì 22 luglio 2015

Un intervento di Mimmo Porcaro

Riceviamo da Mimmo Porcaro, e volentieri pubblichiamo, l'intervento che segue. E' già stato pubblicato su a/simmetrie.
(M.B.)


Mimmo Porcaro


Discutendo, dopo Atene, di CLN e Costituzione…


I fatti di Grecia, di cui converrà parlare meglio altrove, lasciano intatte solo le opinioni degli europeisti dogmatici, ma per il resto mutano lo scenario, accelerano la possibile crisi politica dell’Ue e fanno da spartiacque per tutti. D’ora in poi qualunque forza politica che non si proponga (e proprio come “Piano A”) l’obiettivo strategico del superamento dell’Unione e dell’euro sarà, e senza più scusanti, una forza conservatrice quando non reazionaria: in ogni caso sarà una forza irresponsabile. E d’ora in poi chiunque abbia le idee chiare sull’Unione e sull’euro e ciononostante non si ponga il problema della costruzione di una politica altrettanto chiara, mostrerà di non essere all’altezza delle proprie migliori intuizioni.

Non corre questo rischio lo scritto di Magoni, Dal Monte e Boghetta Il male della banalità: la sinistra nell’epoca del sogno europeo, che si caratterizza proprio per la chiarezza e la consequenzialità della proposta politica: di fronte al nesso inscindibile tra neoliberismo e perdita della sovranità nazionale (così funziona l’Unione europea, almeno nei confronti dei paesi meno forti) si rivendica di fatto un’ alleanza sociale e politica per il ripristino della sovranità, ovvero della democrazia e della Costituzione: un’alleanza assai ampia tra classi diverse e tra orientamenti politici abitualmente divergenti finalizzata al ripristino della democrazia e di una politica economica di piena occupazione.


In buona misura, concordo. Porre, come fanno i tre autori, il nesso sovranità/democrazia/costituzione depotenzia subito la polemica antisovranista che vede nella sovranità, appunto, un moloch che spadroneggia dentro e fuori i confini dello stato: la sovranità invece, nella proposta che stiamo discutendo, non è il fondamento d’una politica assoluta bensì, più sobriamente, è una delle condizioni imprescindibili dell’esistenza della democrazia. Se sovranità e costituzione sono state a lungo antitetiche (perché la seconda nasceva proprio per limitare le pretese della prima), oggi ci è chiaro che senza un minimo di sovranità nazionale nessuna costituzione ha senso: gli sfregi imposti dall’Ue alla nostra Carta fondamentale parlano da soli. So che la difesa ed il ripristino della Costituzione appaiono a molti un obiettivo arretrato e forse inutile. In fondo l’esistenza della Costituzione non ha impedito lo scempio attuale; inoltre essa andrebbe certamente riscritta togliendo ai partiti il monopolio dell’azione politica, o tutelando meglio di prima l’esistenza della proprietà pubblica e di altre forme non privatistiche di proprietà. Eppure, alcuni aspetti fondamentali della logica costituzionale coincidono con quanto è oggi necessario all’Italia per riprendere il cammino della democrazia, e ai lavoratori per riconquistare autonomia politica: in particolare l’idea di uno stato fondato su un compromesso tra classi distinte (e libere di organizzarsi autonomamente), unite da una prospettiva di piena occupazione nel quadro di un’economia mista. Un compromesso aperto a diversi sviluppi dinamici in cui si confrontavano – ed oggi possono di nuovo confrontarsi – un’ipotesi di capitalismo democratico ed una di socialismo costituzionale. Negli anni ’70 tutto ciò ci parve arretrato, e forse lo era. Oggi, visto il volto ferocemente anticostituzionale del liberismo, una qualche riedizione di quel compromesso mi pare l’unico modo per ridare dignità al lavoro ed al paese, gestire la non facile liberazione dal giogo eurista e riaprire, addirittura, una prospettiva socialista. E per costruire una forma di identificazione collettiva che non si basi, tragicamente su sul sangue e sul suolo, ma sul riferimento ad una civiltà politica.


Per rendere efficace una simile ipotesi è però assolutamente necessario rendersi conto delle sue difficoltà. Io mi limito ad indicarne due, quelle che reputo più importanti, o meno considerate. Prima di tutto è assai arduo costruire l’alleanza sociale che può dare sostanza a una tale proposta politica. Nessuna delle classi più importanti del nostro paese sembra infatti oggi in grado di guardare oltre i propri interessi immediati (o, per dirla con Gramsci, di elaborare in forma egemonica il proprio particolare punto di vista), né i partiti che in qualche modo le rappresentano (privi ormai di qualunque autorità morale e quindi costretti a riguadagnarsi ogni giorno la fiducia degli elettori blandendoli in tutti i modi) sembrano porsi questo problema. Si può pensare che la riconquista del controllo della banca centrale da parte del governo e del parlamento, e le conseguenti politiche espansive, ridurranno la conflittualità “in seno al popolo”, ma questo non risolverà le difficoltà dell’alleanza. Difficoltà che ruoteranno da un lato attorno all’irrisolta questione fiscale (dove si dovrà trovare un punto d’incontro tra le sacrosante esigenze di equità del lavoro dipendente e la realtà non aggirabile dell’evasione “di sopravvivenza”) e dall’altro attorno alla questione dell’ammodernamento del sistema produttivo e dello stato, un ammodernamento che richiederà un’oculata redistribuzione delle risorse e quindi inevitabili conflitti. Ci vorrà molta testa, insomma, per pensare ad un programma realmente unitario, realmente “nazionale e popolare”, per superare decenni di diffidenze, spesso motivate, tra lavoratori dipendenti ed autonomi, tra organizzati e disorganizzati, qualificati e no, italiani e no. Questo sarà un nodo davvero importante, tanto che la costruzione del gruppo dirigente di un progetto neo-costituzionale dovrà già essere, in sedicesimo, la realizzazione di un’alleanza popolare tra esponenti d’avanguardia di diverse classi e frazioni di classe.


Una forte alleanza popolare è necessaria sia per sconfiggere gli avversari interni sia per gestire le conseguenza della rottura delle alleanze internazionali che segnano da più di 70 anni il destino del nostro paese, rottura inevitabile in caso di successo dell’ipotesi che qui discutiamo. Il capitalismo nordatlantico, di cui siamo alleati subalterni, non sopporta infatti la sovranità nazionale (ad eccezione di quella statunitense e, in subordine, tedesca e francese), né sopporta le costituzioni. La sostituzione della democrazia (che peraltro, nella sua forma data aveva già registrato gravi debolezze) con una governance opaca nella quale vincono i paesi e i capitali più forti, sostituzione iniziata con l’Ue, sarà presto perfezionata dalla TTIP, ed a quel punto ogni autonoma politica nazionale diverrebbe impossibile finanche nell’ipotesi di un’uscita dall’euro che non prevedesse, in aggiunta, un superamento del rapporto subalterno con gli Usa. Non è quindi possibile riscattare il paese e difendere i suoi lavoratori se non ci si distacca dal polo capitalistico nordatlantico che è la realizzazione geopolitica del liberismo. Non è possibile farlo se non si stabilisce una forte relazione coi paesi dell’area mediterranea, se non si apre – senza servilismi – ai Brics e se non si rilancia, sulle ceneri dell’Ue, l’idea di un’Europa unita prima di tutto da un progetto politico di equilibrio fra i blocchi e poi da un progetto economico alternativo a quello presente. Insomma: riverire il capitalismo nordatlantico non ci darà più, in cambio, né qualcosa di simile al “boom” né una riedizione dello sviluppo drogato degli anni ’80, ma soltanto il continuo regresso dell’apparato industriale del paese, e contemporaneamente, del suo ruolo nel Mediterraneo. Chi vuole questo può acconciarsi a vivacchiare, se il succedersi delle crisi glielo consentirà. Chi non lo vuole deve sapere che il mutamento della collocazione geopolitica implica anche una mutazione profonda nelle abitudini mentali e nella cultura politica italiana, tale da consentirci di gestire, con nettezza strategica e duttilità tattica, uno scontro con gli amici di ieri. Siamo consapevoli di tutto ciò? Questo è il problema numero uno, perché è qui che si situa veramente la questione della forza e del potere, è qui che bisogna riuscire a vincere e ad evitare conseguenza “greche” (se non peggio) per tutti noi. E proprio per questo, e quindi non solo per motivi economici, è necessario aggiungere all’alleanza sociale interna al paese l’alleanza internazionale nel Mediterraneo ed oltre. Questo è il problema numero uno, ripeto: l’incrollabile e folle europeismo della sinistra è spiegabile in gran parte proprio con la sorda consapevolezza delle conseguenze e delle implicazioni geopolitiche di una rottura con l’Ue, conseguenze ed implicazioni da cui si rifugge senza capire che una sinistra vera può essere ricostruita solo all’interno di una tale rottura. Una futura, più dignitosa forza politica non potrebbe certo fondarsi su una analoga rimozione.


Concludo introducendo un ultimo punto. Lo scritto dei nostri interlocutori parla espressamente di CLN. Il CLN del passato fu convergenza di forze politiche preesistenti; quello del futuro sarà analogo, oppure l’assenza di precedenti (e forti) soggetti politici farà sì che esso si costituisca da subito come partito unitario, pur se inevitabilmente attraversato da correnti? Il problema non è di poco conto, e bisogna pensarci da subito…ma se potessimo già discutere concretamente di questo saremmo già ad un punto molto avanzato. E purtroppo non ci siamo ancora.









19 commenti:

  1. All'ultimo capoverso si conferma che aveva ragione Fraioli e torto qualcun altro.

    Credo che gli autori di questo blog capiscano cosa intendo.

    Che contrappasso però, Spagna e Grecia hanno i partiti e non le idee, qui abbiamo le idee e non i partiti.

    Sul m5s bisognerebbe fare un ragionamento a parte, anche se bisogna dire che si sta muovendo verso una posizione chiara, ha sostenuto il no in Grecia e ha criticato Tsipras per le sue decisioni successive di accettazione del memorandum.

    Vuol dire cominciare ad avere qualche coerenza e aver cominciato a capire il problema, speriamo bene.

    Sarei un pochettino stufo di prendere calci in qlo.

    Riccardo.

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    1. No, non è Fraioli che aveva ragione, ma tutti quelli che hanno pensato che ci si debba organizzare dal basso. A prescindere da ipotesi di razionalità economica tipo "ci tireranno fuori quelli che ci hanno tirato dentro", il PD cambierà verso (e come no!) o "arriveranno gli ameregani".

      In ogni caso, sia che la razionalità economica irrompa in campo, sia che ci si avvii al conflitto sovranisti Vs. globalisti, uno dei problemi è la mancanza di un'organizzazione politica sovranista che sia innervata dalla partecipazione popolare. Parlo delle élites popolari, non solo di consenso di massa, che viene dopo.

      Avete notato che una certa persona, che pure ci ha trattato da cialtroni e accusato di "quattrogattismo", da un po' di tempo non viene più attaccata dai "movimentodalbassisti"? Non è un caso, ma una precisa scelta politica: noi non chiediamo a nessuno di venire a chiedere scusa.

      Certo, le amicizie personali sono finite, ma in politica contano le posizioni. Serve il contributo di tutti, anche di chi ha sbagliato, e i dovuti atti di riconoscimento arriveranno da soli, spontaneamente, quando sarà il momento (saranno più graditi e avranno maggior valore). Per dire: un giorno qualcuno riconoscerà a qualcun altro di essere stato un faro, ma il momento e il modo resta una sua scelta. Chiedergli, anzi imporgli, un'autodafè, è profondamente sbagliato sia sul piano umano che politico.

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    2. Grazie a Fraioli, Badiale, Tringali, Bagnai, Rinaldi, nonostante tutto Barnard che piaccia o meno ha dato la stura mediatica ai problemi dell'euro e alle soluzioni, Borghi, D'Andrea, associazioni mmt bloggers vari e tanti altri che hanno dato piccoli e grandi contributi, grazie a tutti.

      Non so come finirà (forse male, meglio evitare facili e inutili entusiasmi), ma senza di voi nemmeno la fiammella si sarebbe vista.

      Riccardo.

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  2. "Nessuna delle classi più importanti del nostro paese sembra infatti oggi in grado di guardare oltre i propri interessi immediati", mi sembra il contrario di una proposizione vera: a me sembra invece che nessuna delle classi più importanti del nostro paese (a parte importatori e delocalizzatori) conosca e tanto meno difenda i propri interessi immediati, che immaginando la causa della crisi chi nella corruzione, chi nell'inefficienza dello stato, chi nell'evasione fiscale, diano lo stesso triste spettacolo dei capponi di Renzo Tramaglino. La formazione di un'alleanza politica per il ripristino della sovranità è l'interesse immediato delle classi più importanti del nostro paese, se sapessero ciò che vogliono - il che è in generale una cosa difficile, ma ormai, dopo gli insegnamenti di tante sconfitte, non più tanto.
    Anche sul secondo punto forse Porcaro esagera le difficoltà: attualmente a livello mondiale non ci sono blocchi in lotta mortale; in politica internazionale i margini di manovra sono più larghi che al tempo della guerra fredda, quando gli USA rispondevano al pericolo che il Cile costituisse un asse con Cuba organizzando il golpe di Pinochet.
    Fa capire molte cose il fatto che sovranità e costituzione siano state sentite a lungo in antitesi. In teoria non è così. In quanto i poteri dello stato sono articolati, la sovranità non ha nulla a che spartire con il dispotismo. La sovranità (quella rivolta all'interno) è la condizione per cui nessuno dei diversi poteri in cui è organizzato lo stato è indipendente, quindi esercita un potere esclusivo facendo valere un interesse particolare, ma opera in necessaria coordinazione con gli altri, così che la decisione complessiva dello stato è presa in vista dell'interesse generale. Nel senso di sovranità interna, sovranità e costituzione, lungi dall'essere in antitesi, sono dunque sinonimi. Il riscontro empirico a tutto ciò è che la fine della costituzione inizia con il divorzio del 1981 tra Ministero del Tesoro e Banca d'Italia, per il quale si costituisce un quarto potere, quello della banca centrale, indipendente dagli altri poteri dello stato (anzi in contrasto: come scrisse con la massima chiarezza Andreatta, con il compito di rendere difficile la vita ai ministri del tesoro), ma dipendente da interessi particolari nella società civile.

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  3. E’ curioso come i vari teorici anti-euro trascurino un fatto di una rilevanza colossale (o almeno io non l’ho mai letto, può darsi mi sia sfuggito).
    Il fatto che l’€ costringa ad abbassare gli stipendi per rendere competitivi i prodotti potrebbe non essere un grosso problema. In fondo se io posso comprare un BMW a basso prezzo e conseguentemente anche la FIAT si allinei, visto dalla parte del consumatore è un bene.
    Il problema è che c’è una forte differenza tra i redditi dei consumatori e la maggior parte dei consumatori comunque non riusciraà a comprarla la BMW.
    In Italia ma anche in Europa e ancora peggio in America, la crisi c’è solo per alcuni.
    Io vedo ALCUNI (non tutti) imprenditori, professionisti e dirigenti pubblici e privati che guadagnano fior di stipendi. Vedo caste con nicchie di mercato protette (farmacisti e notai le più note) che guadagnano molto di più dei normali lavoratori dipendenti e anzi con la crisi gli va ancora meglio perché hanno pure i prezzi bassi.
    Questo con l’€ non c’entra niente. Questo è il tradizionalissimo problema della distribuzione della ricchezza che si risolve con leggi interne; ma la cosa ancora più grave è che la sperequazione tra i rediti, a livello culturale viene pure percepita coma normale. Si deve iniziare a capire che è giusto, sì, che il medico guadagni più dell’infermiere perché ha maggiori responsabilità e competenze. Ed è anche giusto stimolare economicamente l’accrescimento delle competenze professionali. Ma questa differenza non può essere 10 a 1 (per tutti i mesi dell’anno) perché alla fine entrambi hanno la stessa necessità di mettere a tavola 3 pasti al giorno, non risulta che il medico debba mangiare 10 volte quanto mangia un infermiere.
    Invece, quando si è fatto in Svizzera un referendum sulla limitazione degli stipendi dei manger, IL POPOLO lo ha bocciato, probabilmente perché anche lì rincitrullito dalla propaganda http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/24/svizzera-bocciata-la-proposta-popolare-sui-salari-equi-dei-top-manager/788956

    Questo è un problema che esiste dentro e fuori dall’Euro. Perché anche nell’€ la situazione non sarebbe poi così grave se i redditi fossero distribuiti un po’ meglio. Perché anche fuori dall’€ se i capitalisti continuano a schiacciare i salari per “essere competitivi” saremo sempre allo stesso punto.

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    1. Quello a cui ti riferisci è un problema che pre-esiste e post-esiste all'euro. E' un problema serio, MA non è il problema del momento. Per spiegarmi, pensa alla dominazione spagnola sull'Italia nel seicento. Secondo te, gli spagnoli non si fottevano un bel po' del nostro reddito nazionale? Certo che sì! Cacciati gli spagnoli, e dopo di loro gli austriaci (ma erano la stessa casa regnante) forse che il problema della distribuzione era risolto? Certo che no! Però era diventato un problema interno. La lotta di classe, in sintesi, non finirà con l'euro, ma la fine dell'euro è un presupposto essenziale. A meno che tu non sia uno di quelli che "è meglio farci governare dagli Asburgo". Se è così, che t'aggia di'?

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    2. Astrattamente preferirei essere governato dagli Italiani, ma se penso al ventennio berlusconiano in cui IL POPOLO ha LIBERAMENTE eletto un corruttore seriale, monopolista, e mentitore cronico, che usava il parlamento per farsi leggi ad hoc, francamente, scusa, 1.000 volte meglio gli Asburgo (cioè i vincoli imposti dall’Europa). E non era neppure colpa della stampa, perchè le cose si sapevano ampiamente, ma in Italia, “il furbo” piace, non solo al sud dove c’è la mafia, ma anche nel lombardo-veneto teoricamente avanzato e produttivo. Un po’ come in Svizzera, il popolo e non i poteri forti hanno confermato ai manager stipendi pari a 300 volte quello dei loro dipendenti, come se tra manager e dipendente ci fosse una specie di differenza genetica e non una semplice differenza di preparazione ed esperienza professionale. Su queste cose qualcuno dovrà interrogarsi un giorno.
      Il resto mi sembra un po’ diverso da come la metti tu. Non è che i tedeschi “asportino” il nostro reddito ma ci costringono ad adottare politiche di compressione salariale. Noi potremmo pure adottarle salvo poi rigirare sui lavoratori il reddito in prima battuta preso dai capitalisti, cosa che si può fare subito in varie forme, per esempio con diversa ripartizione del carico fiscale.
      Con questo non voglio dire che l’Euro mi piace, anzi, lo trovo una cosa illogica più che maligna. Però larga parte dei suoi danni potrebbero essere rimediata subito se il POPOLO di sinistra uscisse dal letargo e cominciasse a votare qualcuno realmente di sinistra.
      Fassina e Civati sono usciti dal PD proprio per queste ragioni e ricordo un editoriale agghiacciante di Michele Serra, che fino a qual momento stimavo, che diceva: “voi avete ragione ma io preferisco votare per il partito numericamente grosso”. Come se il valore di una idea si misurasse dal numero degli aderenti. E questo è un presunto intellettuale, figurati le perosne "comuni" che aberrazioni penseranno .... A questo punto possiamo anche rimanere nell’Euro.

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    3. Cioè fammi capire: l'amministratore del tuo condominio, con la complicità dei condomini più ricchi, fa approvare una delibera per realizzare un eliporto sul terrazzo che tu ovviamente non userai mai, ma ciò ti costringe a pagare 100 euro al mese in più vita natural durante, e tu che fai? Dici che sì, il contratto è sì un problema, ma che intanto, "in prima battuta", si potrebbero far pagare i costi del contratto ai condomini più ricchi? Cioè agli stessi ai quali stai pagando l'eliporto?

      Guarda, sai che ti dico? La colpa è tua che non puoi permetterti un elicottero! Fai i soldi, comprati l'elicottero e vedrai che i 100 euro al mese li pagherai contento. Dunque perché dovresti lamentarti oggi? Perché non hai ancora l'elicottero? Maddai! Beato te che non hai queste spese... sapessi quanto costa mantenerlo!

      Sai, anche i ricchi piangono.

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    4. Una volta c'era "Better dead than red", adesso c'è "meglio morto che governato da Berlusconi." Poi si dubita del progresso...

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    5. Michele Serra può essere inserito nella stessa frase con la parola intellettuale solo in un universo parallelo.

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    6. Ci riprovo (ma inizio ad esseree stanco): i tedeschi non ci costringono a pagare un bel niente anzie è bene ricordare che loro stavano benissimo col marco e l'€ non lo volevano. Il problema è che attuano politiche commerciali aggressive svalutando i loro salari (oltre al fatto che sono oggettivamente più efficienti come società, la gente lavora e non si imbosca, si fanno programmi a lungo termini, non hanno un Renzi che spara palle trattandoci da deficienti etc.). Per essere ugualmente competitivi anche noi dobbiamo svalutare i salari.
      Ne segue che sarebbe bene riprendere la sovranità monetaria per poter competere anche col cambio ma ciò non toglie che abbiamo una serie di bubboni interni che dobbiamo comunque estripare se non vogliamo diventare un paese nordafricano (solo per dirne uno: la mafia che invece di restingersi adesso controlla i voti e l'economia in Emilia e Lombardia).
      Nnel frattempo visto che ci sono classi sociali che comunque la crisi non la sentono, si può attuare una politica redistributiva e si satrebbe già molto meglio anche con l'€. Avete notato che nessuno parla più di patrimoniale?
      Lo sapete che le imposte di successione sono più alte in Inghilterra?
      Ribadisco che se devo essere governato da Berlusconi (o similia) che trattava il parlamento come dei soldatini messi lì a fare i supoi sporchi intersessi giudziario-affaristico-monopolisitci preferisco 1000 volte la Merkel che almeno una moralità e una visione di lungo periodo per il paese e non per la sua azienda ce l'ha.
      Spero di essermi spiegato (cioè di aver spiegato il mio punto di vista dopodichè ognuno avrà le sue convinzioni). Altrimenti pazienza, sopravviveremo tutti. Ciao

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    7. Allora Luigi, o ti spieghi male o sei confuso. O le due cose insieme. Esordisci dicendo che l'€ costringe a deflazionare i salari (vero) per rendere competitivi i prodotti (vero). Ma questo non vuol dire che la Bmw costerà di meno, solo che sarà più conveniente venderla per chi la produce.
      Te lo dico anche in altri termini. Che ci sia un problema, anche, d distribuzione del reddito è innegabile. Ma se io con il mio stipendio non mi posso permettere Bmw e in più me lo diminuiscono la Bmw non la comprerò mai (crisi da domanda?).

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    8. Nella vita ci sono delle cose facili e delle cose difficili. Il problema nella sua complessità è difficile ma quello che cerco di dire io, che è una piccola ma significativa parte del problema, mi sembra abbastanza facile.
      Siamo tutti d’accordo che l’Euro ha comportato una svalutazione del lavoro per cui oggi sono poveri anche i fortunati che il lavoro ce l’hanno. Sono stato da poco a Milano dove una insegnate elementare, mi diceva che il rapporto prezzi/salari è tale per cui DEVONO lavorare marito e moglie, cosa che in passato non era strettamente necessaria, e porta (spesso) i bambini allo sbando per cui gli insegnati si trovano alla prese con bambini sempre più difficili.
      Quindi a me va benissimo che ci riprendiamo la sovranità monetaria che introduce un importante elemento di flessibilità, (salvo vedere poi chi e come la gestisce questa sovranità monetaria, perché poi il rimedio può essere peggiore del male) .
      Dopodiché aggiungo che la propaganda isterica e monomaniacale alla Bagani è mistificatoria perché molti problemi di quei ceti sociali
      1. non dipendono dall’Euro
      2.pertanto possono essere risolti subito.
      Esempi: perché nessuno parla del peso di una società con sempre più anziani e sempre meno bambini? Delle infiltrazioni della criminalità organizzata al nord ho già detto. Chi rimane danneggiato dal mancato sviluppo di un territorio per via della delinquenza? Perché la politica continua ad essere infiltrata dappertutto e altera i corretti rapporti economici? Perché nel 1970 lo stipendio dell’A.D. della Fiat (manager durissimo coi sindacati) era 20 volte quello di un operaio e oggi 400 volte? Come è possibile che la Severino, come avvocato, guadagni 7.000.000 l’anno? Un libero professionista, per quanto bravo, non rischia del capitale come l’imprenditore, quindi certe cifre sono comunque inammissibili e se le prende lui, non vanno a qualcun altro. Perchè si continuano a sopportare nicchie di mercato chiuse? Perché i paesi anglosassoni e liberisti prevedono una imposta di successione intorno al 20% e da noi intorno al 3%? Perché il carcio fiscale non viene subito spostato dal lavoro alla rendita o al capitale?
      Che c’entra l’Euro con tutto queste cose? Non possiamo rimediare subito? E se a queste cose si rimedia subito non sarà che poi si possa rimanere comunque nell’Euro senza poi grandi problemi (ricordiamo che nell’Euro ci stanno comodamente anche paesi diversi dalla Germania)?

      Se non si pone mano a questi problemi, l’uscita dall’Euro lascerà le stesse inefficienze e divaricazioni sociali e porterà solo svalutazione continua che significa che un tablet che viene dall'estero, non costerà più 400 € ma 1.000 e in pochi se lo potranno permettere e staremo sempre al punto di prima.

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  4. Segnalo da megachip: Svolta di Grillo sull'Euro, con un'indicazione strategica, mai così esplicita: predisporre per tempo il programma per l'uscita dall'eurozona, nazionalizzare le banche...

    http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=122230&typeb=0&#grillo-il-#pianob-dell-italia-per-uscire-dall-euro

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  5. Sì ma quando Porcaro parla di rovesciamento delle alleanze sarebbe bene ricordare che l'Italia è un Paese altamente industrializzato, completamente sprovvisto di materie prime nonché un anello di primaria importanza nella catena di alleanze che garantiscono l'impero del conquistatore statunitense.

    Per cui, quando si parla di "rovesciamento delle alleanze", bisogna mettere in conto di trasformare il Paese in una Siria sotto assedio moltiplicata per dieci, o quantomeno di dover quadruplicare le spese militari per garantire in proprio l'afflusso delle risorse (con tanto di interventini imperiali propri, non più integrati a quelli americani). Ora dico, una sinistra che vede con sacro terrore perfino l'idea di una dissoluzione della dittatura neoliberista europea e è disposta a perseguire le politiche più ferocemente antipopolari pur di non pestarle i piedi (Tsipras docet), dove trova la voce per parlare di queste cose?

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  6. Il PD, saldamente coperto dal voto segreto, ha impedito gli arresti domiciliari del senatore Azzolini presunto responsabile di un crac da 500 milioni di €. Notare che il tizio non doveva andare in carcere ma solo rimanere a casa sua. Di Forza Italia e NCD non parlo neppure per evitare uletriori reazioni gastrointestinali.
    Allora parliamo pure di Euro, Europa, sovranità monetaria, cambio flessibile, troika, poteri fnanziari ed analisi macroeconomiche assortite. Ma fino a quando avremo una classe dirigente di questo livello, regolarmente e liberamente votata, sempre nella m. staremo, dentro o fuori dall'Euro, dentro o fuori dall'Europa.

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  7. Lo dico solo per approfondire (per i pochi disperati che come me stanno a casa a soffrire il caldo):
    http://it.reuters.com/article/itEuroRpt/idITL5N10A21220150730

    Io, come molti altri, non idetifico la ricchezza col benessere, ad esempio in America sono "mediamente" ricchi ma non hanno tutele mentre io preferisco essere più povero, sapendo di avere dei diritti se mi ammalo mi licenziano etc.
    Però se la Spagna (non la Danimarca o la Svezia), stando nell'Euro e con un manifatturiero molto più scarso del nostro, cresce, qualche interrogativo dovremo porcelo. Forse l'Euro così mostruoso non è, se ci si adegua. Forse i "sistemi paese" sono diversi. Oppure tutti i soldi in più sono andati ai capitalisti spagnoli e i lavoratori continuano ad essere morti di fame?

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  8. @Badiale&Tringali: vacanza lunga neh? Beati voi...

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  9. Vedremo come travestiranno il protrarsi della deflazione salariale.

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