lunedì 27 aprile 2015

Dedicato

Gennaro Migliore, ex-Rifondazione, ex-SEL, è relatore del PD sull'Italicum. Invece Corrado Passera protesta in piazza. Dedicato a chi ancora crede a destra e sinistra.
(M.B.)

Serena indifferenza



Uno dei problemi del nostro paese, del quale abbiamo più volte parlato, è la chiusura mentale e la staticità culturale delle quali danno prova le forze di opposizione radicale, che chiameremo brevemente “antisistemiche”. Si tratta di un problema serio, perché, nella situazione attuale, sarebbe essenziale la nascita di una forza politica di autentica opposizione, capace di radicarsi nella società e di stimolare un autentico rinnovamento politico, culturale e morale. Purtroppo, la chiusura mentale delle forze antisistemiche rappresenta un ostacolo (uno dei tanti) a questi sviluppi, così necessari.
Le discussioni sull'euro sono un esempio di questi problemi. La grande difficoltà nella quale si sono trovati quelli come noi, che da anni si sforzano di mettere questo tema al centro del dibattito delle forze antisistemiche, ci ha mostrato con chiarezza quanto forti siano i “vincoli interni”, chiamiamoli così, nelle menti di molte delle persone che ruotano attorno a quel mondo. Per fortuna, da qualche tempo le cose sembra stiano migliorando. Il lavoro di tante persone, gruppi, siti, dai più noti come Goofynomics, a “Voci dall'estero”, a “Orizzonte 48”, all'ARS , a “Sollevazione”, per finire, si parva licet, con un piccolo blog come il nostro, ha finito per immettere nel dibattito una serie di idee, concetti, conoscenze che dovrebbero rendere difficile l'adagiarsi su schemi di pensiero e argomentazioni ormai obsolete. È quindi un po' deprimente constatare che, invece, continuano a essere diffuse, negli ambienti antisistemici, argomentazioni che ignorano beatamente tutto quanto si è prodotto, negli anni recenti, su questi temi. Un esempio lampante di una tale serena e autistica indifferenza è questo articolo di A.Negri e R.Sánchez Cedillo. Si tratta di un testo che compendia bene una serie di limiti culturali, tipici del mondo "antisistemico". Mi limito qui a metterne in evidenza alcuni.

mercoledì 22 aprile 2015

Invito all'esodo/2

Questa è la seconda parte di "Invito all'esodo". La prima parte è il post precedente, pubblicato sabato 18 aprile. Gli autori sono Marino Badiale, Massimo Bontempelli, Federico Dinucci.
(M.B.)




II.

1. La “sussunzione reale” dell’essere umano. La nostra analisi critica non può però fermarsi qui. La critica ai ceti politici di destra e di sinistra che attualmente si contendono il potere, l’invito a rompere i legami con destra e sinistra sono posizioni che giudichiamo assolutamente necessarie, ma non ancora sufficienti. L’analisi critica che abbiamo svolto nelle pagine precedenti non coglie infatti un aspetto profondo e decisivo del capitalismo contemporaneo. Si tratta del fatto che la logica del capitale è ormai penetrata in profondità nella costituzione stessa degli individui. Il capitalismo, inteso come modo di produzione, è un sistema di relazioni sociali che nella sua progressione storica tende a imporsi come l’elemento dominante dell’organizzazione sociale, il punto focale di ogni attività, il presupposto non discusso di ogni azione. Il profitto tende a diventare il fine rispetto al quale l’intera vita sociale e la stessa natura appaiono come mezzi. Per usare il linguaggio marxiano, il capitale come plusvalore che si valorizza “sussume a sé” natura e società. Ora, il marxismo storico ha avuto sufficientemente chiaro l’andamento di questo processo nei confronti del lavoro produttivo. Le analisi di Marx e dei migliori fra i suoi epigoni sulla “sussunzione reale” del lavoro al capitale restano nella sostanza corrette. Il fenomeno divenuto decisivo in questi ultimi decenni sembra a noi costituito dall’estendersi di questa “sussunzione” al di fuori del rapporto di lavoro: all’intera società, alla natura, al modo di essere personale degli esseri umani. Se questo è vero, è chiaro allora che al di fuori di una resistenza d’insieme a tutte queste forme nelle quali il capitale “sussume a sé”, piega alle proprie finalità, l’intero mondo, non si dà alcun orizzonte anticapitalistico. Occorre cioè comprendere che il capitalismo si autoriproduce non soltanto attraverso la politica economica delle sue imprese, e neppure soltanto attraverso la divisione sociale e tecnica del lavoro che innesca, bensì anche, in maniera essenziale, attraverso l’operare apparentemente autonomo di elementi antropologici e di forze ambientali su cui ha impresso in profondità il suo sigillo. Il capitalismo non è una “gabbia d’acciaio” che imprigioni individui lasciati sussistere tali e quali, e che si tratterebbe solo di liberare. Il capitalismo è una logica complessiva dei rapporti sociali che, appunto perché complessiva, agisce in profondità sulle dinamiche personali degli esseri umani, plasmando psicologie e rapporti umani. Nello stesso tempo questa azione profonda non è mai completa e assoluta perché, a differenza di quanto credono Marx e i marxisti, l’essere umano non è l’insieme dei rapporti sociali: l’introiezione della logica del capitale nelle psicologie degli individui presuppone comunque una soggettività, una scelta, e perciò stesso non può mai escludere del tutto la possibilità della scelta opposta, e quindi della resistenza. Soltanto l’attivazione di questo tipo di resistenza apre uno spazio, difficilissimo ma non illusorio, di anticapitalismo. L’anticapitalismo non può quindi esistere se non sulla base di un modo di essere personale capace di resistere in qualche forma, sia pur limitata, a quelle logiche che impongono una psicologia degli individui basata sulla competizione, sulla riduzione dei rapporti personali alla forma del “contratto”, sull’isolamento degli individui che non sanno più comunicare se non nei termini della “contrapposizione commisurante” (per usare un linguaggio heideggeriano). Queste logiche dei rapporti personali sono appunto quelle che traducono in termini di motivazioni individuali l’impersonale dinamica sistemica dell’accumulazione senza fine di plusvalore. Allo stesso modo, l’anticapitalismo deve saper combattere contro quelle ideologie spontanee che trasformano, in modo irriflesso, le necessità del capitale in assiomi del senso comune. 

sabato 18 aprile 2015

Invito all'esodo/1

In alcuni siti che seguo sono state pubblicate recentemente dure critiche a Diego Fusaro (qui e qui). Mi sembra che il punto critico cruciale dietro a queste discussioni sia quello del superamento dell'opposizione di destra e sinistra. Mi riservo di intervenire su questo in futuro. Per il momento, penso che possa essere interessante offrire ai lettori qualche documento sull'origine di alcune delle tesi attualmente in discussione. Uno dei luoghi intellettuali nei quali si sono elaborate queste tesi, negli anni Novanta, è stata la rivista "Koiné", stampata a Pistoia dalla casa editrice CRT. Attorno ad essa si radunarono persone diverse per età e percorsi culturali pregressi, ma tutte accomunate dal fatto di aver attraversato, in un modo o nell'altro, il marxismo e la sua crisi, e dal fatto di cercare nuovi modi di impostare la critica intellettuale dell'esistente. Fra queste persone, le più note erano senz'altro Massimo Bontempelli, Gianfranco LaGrassa, Costanzo Preve. Assieme alla rivista, la casa editrice CRT pubblicò in quegli anni molti testi, scritti dalle persone appena nominate e da vari altri collaboratori della rivista. L'insieme di questi testi costituisce, credo, un robusto fondamento per le tesi sul superamento di destra e sinistra.
I due articoli che vi propongo, in varie puntate, non sono stati pubblicati su "Koiné", ma su "Diorama letterario", la rivista di Marco Tarchi, e volevano essere una presentazione a interlocutori esterni delle tesi fondamentali che gli autori andavano elaborando. Il primo articolo, "Invito all'esodo", è stato pubblicato nel numero 150, Febbraio-Marzo 2002, di "Diorama Letterario". Gli autori sono Marino Badiale, Massimo Bontempelli, Federico Dinucci.
(M.B.)


I.
1. Distacco critico. Con questo articolo intendiamo presentare ai lettori di “Diorama”  alcune delle idee e degli argomenti che stanno alla base della nuova serie della rivista “Koiné” pubblicata dalla CRT di Pistoia.
Il gruppo di persone che si è riunito per tentare l’impresa di costruire una nuova rivista di analisi culturale, politica e filosofica sapeva di assumersi un compito difficile, tanto grande è il numero di tali riviste e tanto piccolo è lo spazio di attenzione che in genere riescono a conquistare. Ci si  è nondimeno imbarcati in questa avventura per un motivo molto semplice: ci sembrava di avere qualcosa di originale da dire, qualcosa che non riuscivamo a trovare nelle riviste, nei libri o nei giornali che leggevamo, e infine qualcosa che valeva la pena fosse detto.
In estrema sintesi, le nostre posizioni sono quelle di chi ritiene necessario un atteggiamento di critica e di distacco rivolto su due fronti: da una parte contro il capitalismo attuale e le sue ideologie, dall’altra contro quelle posizioni teoriche e pratiche, di destra e di sinistra, che nel  900 hanno tentato la critica e il superamento del capitalismo.  Le persone legate alla nuova serie di “Koiné” provengono, tutte o quasi, da esperienze “di sinistra”, e parlare di “distacco critico dal capitalismo” può forse apparire ovvio e banale. Vogliamo comunque ribadire alcuni punti per noi decisivi, perché sono essi a motivare anche il nostro distacco dalla sinistra.
L’attuale società capitalistica si sta muovendo in direzioni che accentuano ogni giorno di più i caratteri di irrazionalità e insensatezza che essa ha sempre avuto e che apparivano mitigati nella fase del welfare state. Negli ultimi decenni è stato distrutto il compromesso sociale che assicurò, nei trent’anni seguiti alla Seconda Guerra Mondiale, tassi di sviluppo senza precedenti, ma soprattutto una politica di redistribuzione dei redditi che innalzò i livelli di consumo e benessere delle masse e permise lo sviluppo di una vasta rete di sicurezze e garanzie sociali (pensioni, scuola, sanità, tendenziale piena occupazione). Oggi, nel tempo del capitalismo sregolato e “globalizzato”, appare dominante la spinta all’aumento delle disuguaglianze sociali e delle fasce di autentica povertà, alla perdita dei diritti, delle sicurezze, delle garanzie conquistate dai ceti inferiori delle società occidentali. La situazione drammatica in cui vivono milioni di esseri umani nel pianeta e l’incapacità o la non volontà da parte dei paesi industrializzati di sviluppare un’azione effettiva di giustizia rispetto ai tanti problemi del mondo generano tensioni che sempre più spesso sfociano in guerre e violenze, alle quali l’Occidente egemonizzato dagli USA non sa rispondere se non con interventi militari che creano le premesse di nuovi problemi e nuove violenze. Uno svuotamento sostanziale della democrazia, ridotta a competizione di immagine fra candidati indistinguibili, e un sovrano disinteresse verso le conseguenze ecologiche del nostro modello di sviluppo completano il quadro. Si tratta di un quadro tanto negativo da farci temere che, a medio o lungo termine, le contraddizioni del nostro mondo possano esplodere in crisi distruttive.

2. Critica della sinistra. Il mondo del capitalismo contemporaneo è dunque un mondo che deve essere criticato e combattuto. Ma per fare questo occorre abbandonare definitivamente e sottoporre anzi alla critica più radicale quelle grandi unità ideali che chiamiamo marxismo, comunismo, sinistra. Non intendiamo dilungarci molto, in questo articolo, su marxismo e comunismo. Da una parte, si tratta di realtà che non ci sembra abbiano oggi molta rilevanza storica, ridotte a bandiere di piccoli gruppi settari incapaci di azione politica incisiva e spesso anche di analisi filosofica e scientifica significativa. Dall’altra, l’analisi storica e teorica di un secolo e mezzo circa di marxismo e comunismo è davvero troppo impegnativa per essere svolta in un breve articolo, ci limitiamo qui ad alcune affermazioni molto schematiche e dogmatiche, scusandocene e rimandando ad altra occasione un’analisi più approfondita.

domenica 12 aprile 2015

Neanche fatto a tempo....

...a segnalare la notizia di ieri sul fatto che l'Ucraina mette al bando comunismo e nazismo, e subito mi imbatto nella analoga richiesta di un paio di solerti consiglieri comunali leghisti di Milano. Sono sempre più convinto che dietro queste notizie di cronaca ci sia qualcosa di più importante, un cambiamento culturale profondo. Bontempelli ed io ne abbiamo parlato in "Civiltà occidentale", testo al quale rimando per approfondimenti.
(M.B.)

E gli Herero?

Secondo il Papa, il genocidio degli Armeni è il primo genocidio del XX secolo. A me risulta che si è cominciato con gli Herero. Lungi da me il pensare che una popolazione nera e (credo) non cristiana sia lontana dal cuore del Santo Padre. Però un piccolo chiarimento con chi gli fa il "fact checking" mi sentirei di suggerirglielo.
(M.B.)

sabato 11 aprile 2015

La lotta contro la libertà di pensiero

coglie nuovi successi:


http://www.repubblica.it/esteri/2015/04/09/news/ucraina_equipara_comunismo_e_nazismo_centro_wisenthal_decisione_oltraggiosa_-111544034/?ref=HREC1-6


Nell'articolo si accenna a leggi simili in altri paesi dell'ex blocco sovietico. La mia impressione è che, se aspetti di repressione delle opinioni non sono mai scomparsi del tutto in molti paesi occidentali, il fenomeno abbia preso nuovo vigore a partire dalle leggi "anti-negazionismo". Forse è davvero il momento di dire con chiarezza che tutte (ma proprio tutte) le leggi che colpiscono la manifestazione di opinioni sono aberrazioni.
(M.B.)