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sabato 30 settembre 2017

La tristezza della scuola pubblica

(Riceviamo da Paolo di Remigio e volentieri pubblichiamo questo articolo, che appare anche su "Appello al Popolo". M.B.)



La tristezza della scuola pubblica
Paolo Di Remigio

La scuola pubblica continua a subire lo smantellamento avviato dall’alto sotto il vessillo dell’innovazione didattica. Che questa innovazione copra un piano distruttivo programmato a freddo è implicito nel fatto che la si intende come fine assoluto: nella scuola pubblica attuale non si innova per migliorare, si innova per innovare; dunque l’innovazione la peggiora; e questo peggioramento non è una conseguenza imprevista, ma parte dello sforzo neoliberale di distruzione del settore pubblico.
La persona normale, abituata alla docilità e che preferisce fare da sola anziché dare ordini, non concepisce che esista un’élite abituata a comandare e preoccupata di conservarsi al comando. Questa preoccupazione è però la chiave per comprendere ciò che accade nel mondo e che infine si riflette anche nella scuola: l’impero anglosassone annaspa sotto il peso di un’economia allo sfacelo e delle conseguenze di una geopolitica delirante; i suoi movimenti scomposti con cui si sforza di non essere risucchiata nelle retrovie della storia suscitano inaridimento culturale, miseria materiale, migrazioni, guerre, mentre il suo apparato propagandistico – non solo i media: tutto l’attuale ceto politico europeo è ridotto a questo ruolo – è mobilitato per imprimere nella mente di tutti che la guerra è attuazione di democrazia, la migrazione esercizio di diritti, la miseria materiale è razionalità economica, l’inaridimento culturale creatività.

giovedì 28 settembre 2017

Una presentazione del FSI

Stefano D'Andrea ha aperto la seconda assemblea nazionale del Fronte Sovranista Italiano con un discorso di grande valore:

http://appelloalpopolo.it/?p=34800

domenica 24 settembre 2017

Nel 2005 si sapeva già l'essenziale

"Voci dall'estero" traduce, molto opportunamente, un articolo dell'Economist del 2005. Nel quale si vede come all'epoca fosse già chiara la divergenza fra le economie dell'eurozona. E fossero chiari anche i motivi di tale divergenza. Cosa possiamo pensare della sinistra italiana che adesso, nel 2017, dopo tutto quello che è successo, ancora non ha capito quello che all'Economist sapevano e scrivevano nel 2005? (Domanda retorica, ovviamente...)


giovedì 21 settembre 2017

domenica 17 settembre 2017

sabato 16 settembre 2017

Continuando così

Continuando così ci si consegna all'impotenza e all'irrilevanza, conclude Domenico Moro in questo suo interessante intervento:

https://www.sinistrainrete.info/europa/10535-domenico-moro-i-trattati-e-l-euro-producono-il-nuovo-nazionalismo-degli-stati.html


Immagino si stia rivolgendo al mondo della sinistra più o meno radicale. Ma non c'è bisogno di "continuare così": l'irrilevanza di quel mondo è un dato ormai acquisito e non più modificabile.

martedì 12 settembre 2017

Cattive notizie 2

Se queste sono le idee del M5S, temo ci sia poco da sperare

http://www.repubblica.it/politica/2017/09/12/news/circo_massimo_giannini_luigi_di_maio_radio_capital-175247620/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P5-S1.8-T1


(magari è un refuso, ma una frase come "tagli alla Pa e altri settori altamente inquinanti" è davvero preoccupante).




lunedì 11 settembre 2017

Sorpresa

Sorpresa, una moneta forte può essere un problema

http://www.repubblica.it/economia/2017/09/08/foto/l_euro_si_rafforza_oltre_1_2_dollari_nonostante_le_preoccupazioni_di_draghi-174901820/1/?ref=RHPPBT-VE-I0-C6-P7-S1.6-T1#1


Ma allora sarebbe meglio avere una moneta più debole. Ma allora sarebbe meglio sval...sval... (non ce la fanno a dirlo, come Fonzie...)


domenica 10 settembre 2017

Soros e i migranti

Paolo Di Remigio ci propone la traduzione di un articolo di Tyler Durden tratto da Zerohedge, sul ruolo e le opinioni di Soros e della sua ONG (Open Society Foundations) a proposito del tema delle migrazioni. L'articolo è di un anno fa ma mi sembra offra interessanti spunti di riflessione. L'autore si basa su due documenti: uno è un memorandum prodotto all'interno della ONG di Soros, e che si può leggere al seguente indirizzo:



L'altro è un articolo di Soros pubblicato sul "Wall Street Journal", e lo si può leggere qui:


Di seguito la breve introduzione dei traduttori, e poi l'articolo di Tyler Durden
(Marino Badiale)






L’articolo che proponiamo, pubblicato da Tyler Durden un anno fa, è finora passato quasi inosservato in Italia, benché sull’immigrazione offra un punto di vista superiore, corroborato da documenti del miliardario Soros e dei suoi funzionari. Dalla sua lettura emergono i seguenti tre fatti. 1. Gli Stati Uniti, non semplicemente l’alacre George Soros, creano i presupposti del fenomeno dell’immigrazione, da un lato continuando a imporre alle popolazioni del terzo mondo i principi del libero mercato che ne paralizzano le potenzialità di sviluppo autonomo e d’altro lato destabilizzandole politicamente: la fuga di milioni di persone dall’Africa e dall’Asia, così poco naturale che lo stesso Soros la qualifica come forzata senza però nominare chi la forzi, segue dalle strategie delle amministrazioni americane, a partire dalla globalizzazione del Washington Consensus per finire alle primavere arabe. 2. Gli Stati Uniti provvedono i corridoi ai flussi dei migranti permettendo l’attività dei trafficanti e finanziando le ONG. 3. Gli Stati Uniti paralizzano le capacità di difesa degli Stati europei svuotandone la sovranità con la UE e con la NATO e manipolando l’opinione pubblica con l’idea di migrazione come nuova normalità. In effetti la migrazione come nuova normalità implicherebbe il ritorno al nomadismo paleolitico; ma si tratta di miserevole ideologia: non solo Soros continua a distinguere tra migranti e comunità ospiti, anche sottolinea che l’obiettivo statunitense è ridurre l’Europa, proprio l’Europa, a comunità ospite. Il quadro che emerge dalle prese di posizione della Open Society Foundations denuncia le migrazioni di massa come arma usata nel quadro di un preciso progetto imperiale di destabilizzazione. La difficoltà di rispondere al fenomeno non nasce dunque dalla sua complessità o dalla sua irresistibilità naturale, tanto meno dalla sua razionalità o dal dovere umanitario: si tratta piuttosto di disobbedire ai disegni di una potenza imperiale che non perdona le disobbedienze.
Traduzione di Paolo Di Remigio, Roberto Gironi, Federico Monegaglia



Soros ‘investe’ 500 milioni di dollari nei rifugiati e nei migranti europei e spiega perché
di Tyler Durden
20 settembre 2016
Disponibile in

Confermando ancora una volta di essere il burattinaio silenzioso dietro la crisi europea dei rifugiati, in un intervento nel Wall Street Journal George Soros, l’investitore divenuto miliardario da un giorno all’altro e risoluto sostenitore di Hillary Clinton, ha dichiarato che investirà 500 milioni di dollari per rispondere alle esigenze dei migranti e dei rifugiati.
L’investimento di Soros arriva in risposta all’iniziativa dell’amministrazione Obama “Call to Action”, che chiede alle imprese statunitensi di alleviare la crisi dei migranti. Soros, fondatore della Open Society Foundations, ha anche dichiarato che per orientare i suoi investimenti ha in programma una stretta collaborazione con l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite e con la Commissione per il Soccorso Internazionale .
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Difficile che ai bene informati l’annuncio arrivi come una sorpresa.
Un mese fa, a seguito delle violazioni informatiche di DCLeaks, abbiamo denunciato che “la violazione informatica dei documenti di Soros svela un piano dietro la crisi europea dei rifugiati”. Per ricordare, stando a uno dei molti documenti trapelati, la crisi europea dei rifugiati dovrebbe essere accettata come una ‘nuova normalità’, e per l’organizzazione di Soros la crisi significa “nuove opportunità” di influenzare su scala globale le politiche di immigrazione. Anna Crowley, funzionario per il programma dell’Open Society Foundations, e Katin Rosin, esperta del programma, hanno insieme redatto il memorandum del 12 maggio intitolato “Migration Governance and Enforcement Portfolio Review”.
La rivista, di nove pagine, individua tre punti chiave: [1.] Open Society Foundations ha avuto successo nell’influenzare la politica di immigrazione globale; [2.] la crisi europea dei rifugiati presenta per l’organizzazione “nuove opportunità” di influenzare la politica globale dell’immigrazione; [3.] la crisi dei rifugiati è la “nuova normalità”.
[1.] Come le autrici scrivono nell’introduzione, uno dei propositi della rivista “considera l’efficacia degli approcci che abbiamo utilizzato per raggiungere il cambiamento a livello internazionale”. Una sezione della rivista intitolata “Il nostro lavoro” descrive come il meno trasparente dei think tank americani abbia lavorato insieme ai ‘leader del settore’ per “modellare la politica della migrazione e influenzare i processi regionali e globali con effetti sul modo in cui la migrazione è governata e imposta”.

giovedì 7 settembre 2017